Secondo uno studio dell’Università di Bordeaux, esiste un nesso tra l’insorgenza della patologia neurodegenerativa e l’abuso di alcuni tipi di psicofarmaci
L’incidenza del fattore genetico nel manifestarsi della malattia di Alzheimer-Perusini, meglio nota come morbo di Alzheimer, è bassa, mentre un ruolo più importante spetta ad altri fattori, tra i quali quelli ambientali. I dati forniti da numerosi studi sulla comparsa di questa patologia portano tutti alla stessa conclusione: un cervello sano ha una probabilità molto ridotta di sviluppare una malattia neurodegenerativa, se non fosse che…
L’Alzheimer colpisce attualmente 36 milioni di individui nel mondo con costi enormi in sofferenza umana e sociale. Il morbo prende il nome da Alois Alzheimer, neurologo francese che nel 1907 ne descrisse i sintomi e le alterazioni neuropatologiche. La malattia viene definita come una demenza degenerativa progressivamente invalidante caratterizzata dalla perdita della memoria e delle funzioni cognitive, da stati di confusione, cambiamenti d’umore e disorientamento spazio-temporale. I sintomi progrediscono con l’avanzare della patologia: il malato perde ogni contatto con la realtà, la capacità di esprimersi e il controllo sul proprio corpo fino alla compromissione degli organi interni e alla morte. Le cause dell’insorgenza sono molteplici: oltre all’età, interagiscono fattori genetici e ambientali (alimentazione, stile di vita, stress, eccessiva assunzione di alcool, droghe o farmaci, esposizione ad agenti inquinanti, ecc.); alcune malattie come l’ipertensione o il diabete sono altresì considerate fattori di rischio. Il paziente non è più autonomo ma completamente dipendente dai familiari che si sobbarcano, oltre alla sofferenza, anni di assistenza continua, snervante e sfinente.
Le benzodiazepine sono un gruppo di farmaci psicotropi (classificati nell’ordine degli ansiolitici) prescritti per ridurre l’ansia, l’insonnia, la depressione. Esse agiscono sul sistema nervoso centrale e, interferendo con il neurotrasmettitore Gaba, alterano la normale percezione degli stati di sofferenza e determinano una condizione di tranquillità apparente e solo momentanea (cioè finché dura l’effetto del farmaco). Il consumo di questi medicinali è altissimo, poiché le benzodiazepine creano assuefazione e dipendenza rendendo il loro utilizzo cronico. Gli effetti collaterali di questa classe di farmaci sono gravissimi: amnesia, astenia, atassia, capacità psicomotorie ridotte, eccessiva sedazione (rimbambimento), sonnolenza, ecc. Nonostante ciò, queste sostanze vengono prescritte e vendute con incauta leggerezza: in alcuni Paesi (Grecia, India e vari stati latinoamericani) è possibile acquistarle senza prescrizione medica. Difficili sono le stime sul loro consumo effettivo e sugli enormi guadagni delle multinazionali dei farmaci che le producono.
Uno studio condotto dall’Inserm (Istituto nazionale francese per la salute e la ricerca medica) avrebbe dimostrato che esiste una relazione tra i sintomi dell’Alzheimer e l’abuso di benzodiazepine. La ricerca è stata realizzata in Quebec (Canada) su un campione di 9 mila individui di età superiore ai 65 anni, tenuti in osservazione per un tempo compreso tra i sei e i dieci anni. L’indagine è stata eseguita dai ricercatori dell’Università di Bordeaux e ha preso in considerazione, oltre all’età, al sesso e allo stato sociale, anche i dati riferiti all’uso eccessivo delle benzodiazepine: i tempi d’assunzione (oltre i tre mesi), la quantità di sostanza ingerita giornalmente, l’emivita (il tempo di sopravvivenza nel sangue) del principio attivo del farmaco. L’aumento di questi tre fattori ha portato gli osservatori a individuare un conseguente innalzamento delle probabilità d’insorgenza del morbo di Alzheimer fino a una percentuale del 51% dei casi presi in esame. La ricerca, pubblicata sul British medical journal, è solo un primo passo che conferma come un’esposizione prolungata a queste sostanze possa essere una delle cause scatenanti la malattia (vedi Benzodiazepine use and risk of Alzheimer’s disease: case–control study, in www.bmj.com).
Il numero dei soggetti affetti dall’Alzheimer è destinato a raddoppiare ogni 20 anni: l’assunzione indiscriminata di benzodiazepine è un marker da tenere in considerazione nella diagnosi del decadimento neurodegenerativo, almeno per chi ne faccia un uso sistematico. Nel frattempo gli azionisti della multinazionale farmaceutica Big Pharma si godono gli enormi profitti ricavati dalla produzione di queste sostanze. La legge del mercato vale anche quando si tratta della salute delle persone, magari disinformate e inconsapevoli dei rischi che corrono?
Mariella Arcudi
(LucidaMente, anno IX, n. 108, dicembre 2014)
Il possibile legame tra l’Alzheimer e le benzodiazepine
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