Il 95% degli abitanti del pianeta soffre di una o più affezioni e una persona su tre lamenta oltre cinque malanni. Solo una persona su venti, in tutto il mondo, non ha sofferto di alcun problema di salute nel 2013. Sono i dati della più ampia e dettagliata inchiesta mai realizzata sulle malattie a livello mondiale presentata sull’ultimo numero della rivista medica Lancet appena pubblicato. Nello studio, gli scienziati hanno analizzato quasi 36mila cartelle cliniche, provenienti da 188 diversi paesi e relative al periodo 1990-2013. Evidenziando come le principali cause di disabilità non abbiano subito variazioni sostanziali. In Italia, come nel resto dei paesi industrializzati, le patologie più diffuse riguardano il mal di schiena, i postumi di cadute, mal di nuca, bronchiti croniche e depressioni. Seguono: perdita d’udito, emicranie, stati d’ansia, diabete e Alzheimer.
E, cosa ancora più importante, i tassi di disabilità variano nel tempo in modo molto diverso rispetto ai tassi di mortalità: l’incidenza del diabete, per esempio, è aumentata del 43%, mentre la mortalità dovuta alla patologia è aumentata solo del 9%.
Tra il 1990 e il 2013, il periodo considerato dal Global burden of disease study finanziato dalla Fondazione Gates, le malattie più diffuse non sono cambiate. Un decimo della popolazione mondiale soffre di otto problemi cronici: carie (2,4 miliardi di persone), cefalee da tensione (1,6 miliardi), anemia da carenza di ferro (1,2 miliardi), favismo, perdita d’udito, verruche genitali, emicranie e problemi provocati da vermi.
Lo studio è un’ulteriore dimostrazione, osserva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”,di quanto sia importante prestare attenzione alla degradazione della salute umana a livello globale dovuta a queste cause di disabilità, piuttosto che concentrarsi semplicemente sulla riduzione della mortalità. È necessario, dunque, un repentino cambio di rotta da parte delle istituzioni responsabili delle politiche sanitarie.
Sportello dei diritti
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