La quinta causa di morte in ospedale è dovuta agli effetti collaterali delle medicine. Ma i rapporti su di essi sono secretati dalle cause farmaceutiche. Un'inchiesta belga – olandese – danese cerca di far luce
Gli effetti collaterali o indesiderati alle medicine sono la quinta causa di morte negli ospedali secondo quanto riferisce la Commissione europea, ma le agenzie europee e i governi nazionali hanno finora tenuto nascosti i rapporti delle case farmaceutiche su questo tipo di effetti. È l’accusa lanciata da un’inchiesta giornalistica belga-olandese-danese, ripresa dal giornale EuObserver.
I dati in questione – noti agli addetti ai lavori come “dati periodici sulla salute (Psur)” – sono regolarmente sottoposti alle autorità nazionali e all’Agenzia europea per le medicine, con sede a Londra, ma in genere non ne se ne sa nulla. Eppure rendono conto, per esempio, di come molti dottori, in vari paesi, sospettano che l’aumento dei suicidi tra gli adolescenti cresca quando questi siano in cura per l’acne. Oppure testimoniano come a volte un prodotto dietetico possa condurre a un infarto e mettono in guardia su cosa l’industria farmaceutica dovrebbe dire riguardo agli effetti collaterali legati all’assunzione di medicine.
Un team di giornalisti belgi, danesi e olandesi beneficiando della libertà offerta dalla legge olandese e danese sull’informazione è riuscita ad avere accesso parziale a questi documenti, pubblicandoli sul giornale olandese Trouw, sul magazine belga Knack e su quello danese Samvirke. Curiosamente, fa notare qualcuno, la messa on line dei documenti da parte del team ha coinciso con la decisione della Commissione europea, martedì 22 ottobre, di ritardare la pubblicazione di un nuovo pacchetto di regole per le case farmaceutiche. Il pacchetto dell’esecutivo Ue non dovrebbe tuttavia riguardare la pubblicazione dei dati Psur, ma probabilmente è volto a permettere alle compagnie farmaceutiche di contattare direttamente i pazienti, cosa che è attualmente illegale e che è stata condannata dal Parlamento europeo nel 2002.
“Dal mio punto di vista – spiega Margrete Nielsen, ricercatrice al Cochrane Institute di Copenaghen e specialista farmaceutica – non c’è dubbio che i dati Psur dovrebbero essere resi pubblici. Dopo tutto riguardano gli effetti collaterali delle medicine che prendiamo”. Tali dati aggiunge non si basano su test e prove scientifiche clinicamente controllate, quindi il loro accesso non dovrebbe essere ostacolato. “Non sarei nemmeno in grado di utilizzarli per il mio lavoro”, aggiunge la ricercatrice.
“In quest’indagine molto è ancora sotto silenzio. – afferma Barbara Mintzes, esperta canadese – La qualità ne risente. È di grande importanza che questi rapporti sulla sicurezza siano accessibili a tutti così che gli scienziati ne possano discutere”.
Non è la prima volta che la possibile pubblicazione di tali dati alza un polverone, facendo storcere la bocca a qualcuno. Nel 2007, in Danimarca, come reazione a una pubblicazione parziale dei dati Psur, gli avvocati della ditta farmaceutica Roche, minacciarono di far causa al governo di Copenaghen se le rivelazioni avessero danneggiato gli interessi commerciali della compagnia.
“Un concorrente può usare tali dati per indirizzare le scelte del paziente o del dottore. – scrivevano in una lettera al governo gli avvocati della casa farmaceutica – I concorrenti potrebbero con l’ausilio di questi dati ottenere le basi per consigliare determinati comportamenti che potrebbero indebolire la posizione di Roche sul mercato e avere significativi effetti negativi per la Roche in tutto il mondo”. “L’esperienza – prosegue la lettera – mostra che documenti di questo tipo sono facilmente incompresi e male interpretati, per esempio dai giornalisti. Incomprensioni di questo tipo possono causare gravi disturbi al mercato e provocare perdite a Roche”.
Questo punto di vista è oggi condiviso dalla lobby del settore, riunita nella Federazione europea delle industrie e associazioni farmaceutiche (Efpia), con sede a Bruxelles. “Il problema è che questi dati devono essere comprensibili- spiega Brian Ager, direttore dell’Efpia – Hai bisogno di essere un esperto per capirli. Quando si dà un’informazione bisogna darla in modo che sia tu che io possiamo capirla”.
Ma per alcuni è solo un’altra scusa di facciata. “L’industria si lamenta che la gente non li capirebbe afferma il direttore del giornale medico francese Prescire, Bruno Toussaint – In realtà rendere pubblici gli effetti collaterali influenzerebbe in maniera negativa le loro vendite”.
fonte: www.lastampa.it
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