I tagli annunciati da Usa, Cina e India otterrano solo il rallentamento di una crescita esponenziale
Se alla conferenza climatica che sta per iniziare a Copenhagen saranno confermate le offerte di riduzione dei gas serra preannunciate nei giorni scorsi da alcuni dei maggiori inquinatori mondiali dell'atmosfera, come Stati Uniti, Cina e India, allora vorrà dire che, al di là delle positive intenzioni politiche, in pratica le emissioni globali continueranno a salire rispetto ai livelli del 1990 (fissati come linea di riferimento dal Protocollo di Kyoto). Quel che è peggio, continuerà la sostanziale divaricazione fra un' Europa che punta a riduzioni effettive e vincolanti, sotto i livelli del 1990, nello spirito del Protocollo; e il resto del mondo che, per ora, non vuole o non può rinunciare alla crescita delle emissioni, offrendo solo un rallentamento di esse, basato su azioni volontarie piuttosto che imposte. Queste considerazioni discendono da una valutazione comparata delle offerte di riduzione annunciate con grande clamore nei giorni scorsi e da taluni accostate come se fossero confrontabili, ma che di fatto hanno pesi diversi in quanto espresse in unità di misura non omogenee.
L'IMPATTO GLI OBIETTIVI - Il 17% di riduzione delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 2005 prospettato dal presidente degli Stati Uniti Obama come traguardo da raggiungere nel 2020, è ben poco se confrontato con l'8% di riduzione, sotto i livelli del 1990, da conseguire entro il 2012, cui attualmente è vincolata l'Europa. Come pure è molto meno di quell'impegno del 7% (sempre sotto i livelli del 1990) annunciato da Clinton e Gore nel 1997 a Kyoto, prima della marcia indietro di Bush. Ed è incomparabilmente inferiore all'obiettivo del -20% o addirittura del -30% che l'Europa più convinta (Germania e Inghilterra) vorrebbe darsi entro il 2020.
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Clima - tagli inutili, l'effetto serra aumenterà
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