6 luglio 2011, il popolo della Rete in rivolta contro l’AGCOM

Il mondo digitale italiano è in piena fibrillazione e in assetto da combattimento. Da Internet ai social network con qualche eco anche a Montecitorio, in area Pd e Idv - un tam tam di crescente intensità ha lanciato un passaparola concentrato su una data cerchiata in rosso: 6 luglio. Quel giorno è previsto il varo di una delibera con la quale l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) intende provare a mettere ordine nel Far West del diritto d’autore digitale e della pirateria online.

Un intervento che fa del 6 luglio un appuntamento che suscita reazioni e chiavi di lettura contrapposte. Da una parte c’è il mondo degli addetti ai lavori del settore dell’industria culturale e dell’intrattenimento (17 mila imprese, 300 mila dipendenti, decine di miliardi di euro di giro d’affari), che ritengono indispensabile bloccare le piattaforme digitali illegali per tutelare il diritto d’autore. Dall’altra si è coalizzata una vasta rete di associazioni, studiosi, esperti e difensori del web «libero» che parlano apertamente di «censura della Rete» e hanno avviato una mobilitazione che passa soprattutto attraverso Twitter, Facebook e vari siti Internet. Una controffensiva che, nei suoi aspetti più radicali, si spinge fino ad attacchi di hacker come quello - firmato dagli attivisti di «Anonymous» - che ieri ha mandato in tilt il sito dell’Agcom.

Lo scenario su cui avviene lo scontro è assai più ampio del contesto italiano e ripropone un ciclico dilemma sul copyright che va avanti dall’epoca delle battaglie dell’industria discografica contro Napster. I governi sono alla ricerca di ricette, come è emerso nelle scorse settimane dalla scelta del presidente francesce Nicolas Sarkozy di dedicare una sessione del G8 proprio alle «regole» per il futuro digitale. Ma l’Italia viene accusata di essere messa peggio di molte altre economie avanzate, al punto da trovarsi nella «watch list» dei paesi ad alto rischio di pirateria stilata dal governo Usa.

La soluzione individuata dall’Agcom guidata da Corrado Calabrò ha fatto però insorgere il web, per la scelta di creare una procedura rapida e solo amministrativa per individuare possibili violazioni del diritto d’autore e intervenire, anche con ordini di rimozione di contenuti e con il blocco di interi siti. Di fronte a una richiesta all’Agcom, il titolare di un sito o un blog avrebbe 48 ore di tempo per rimuovere contenuti ritenuti illegali, cinque giorni per un contraddittorio e, infine, la prospettiva di venir cancellato dal web.

«Moltissime azioni quotidiane in rete violano il diritto d’autore», spiega Luca Nicotra, segretario di Agorà Digitale, una delle associazioni che guidano la mobilitazione. «Un blogger che mette sul sito un video della sua festa di compleanno con all’interno una canzone, potrebbe ricevere una richiesta di rimozione, pena l’eliminazione automatica entro cinque giorni. Lo stesso vale per comunità di appassionati di Harry Potter».

Forti riserve provoca la scelta di procedere per via amministrativa, invece che giudiziaria: una decisione criticata lunedì su «La Stampa» dal professor Juan Carlos De Martin, del Politecnico di Torino, in un articolo che ha suscitato varie repliche (disponibili su www. lastampa.it).

Laura Aria, direttore contenuti audiovisivi e multimediali dell’Agcom, respinge l’accusa sostenendo che «l’interpretazione secondo la quale accertare le lesioni del diritto d’autore spetta solo al giudice e in via preventiva non si evince dalla normativa» su cui si regge l’attività dell’Agcom. L’iniziativa dell’Agcom aggiunge, non intende «comprimere diritti e libertà riconosciute dalla Carta europea e della Costituzione, bensì unicamente correggere eventuali abusi, con tutte le garanzie di un contraddittorio ragionevole e proporzionato».

Anche Enzo Mazza, presidente della Federazione Industria Musicale Italiana, difende l’intervento a difesa del copyright solo per via amministrativa. «Non si sta parlando - spiega - di comprimere le libertà digitali. Lo snodo è bloccare l’illegalità diffusa ed aiutare il mercato legittimo. Inibire quindi quelle (poche) piattaforme web palesemente pirata, non blog, forum, motori di ricerca, siti personali».

fonte: LaStampa.it

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