Grazie alla crisi nel 2009 le emissioni inquinanti in calo

Le persone consumano in proporzione al proprio reddito e inquinano di conseguenza. Questa verità banale è alla base del colossale problema ambientale che ci troviamo ad affrontare. Nessuno vuole stare peggio e consumare meno. I paesi in via di sviluppo vogliono raggiungere quelli già sviluppati per poterne condividere il benessere. Chi a quel benessere è abituato non desidera certo rinunciarci per un motivo impalpabile come la salvaguardia del pianeta. Ma che succede se tutti sono costretti a consumare meno perché hanno meno soldi in tasca e la produzione industriale subisce una battuta d’arresto per mancanza di fondi? Che le emissioni inquinanti scendono.

Fino al 3 per cento in meno nel 2009, secondo una stima che compare nel rapporto presentato dall’Agenzia Internazionale per l’Energia a Bangkok, in Thailandia, dove sono in corso i colloqui sui cambiamenti climatici.

“La crisi economica e finanziaria” si legge nel comunicato di presentazione, “ha avuto un impatto considerevole nel settore energetico mondiale. Gli investimenti nelle tecnologie inquinanti sono stati rinviati e le emissioni di CO2 potrebbero diminuire nel 2009 del 3 per cento, il calo più ingente degli ultimi 40 anni“.

Sembra l’occasione per centrare l’obiettivo di stabilizzare la concentrazione di CO2 in atmosfera sotto la soglia di 450 parti per milione, con il conseguente sperato contenimento dell’aumento di temperatura a +2 °C. Quindi possiamo guardare con animo più rilassato al vertice di Copenaghen? Non proprio. Diciamo che possiamo approfittare della congiuntura economica negativa per capitalizzare su un futuro con minori emissioni ma, come ha fatto notare il direttore esecutivo dell’Aie Nobuo Tanaka presentando questo estratto del World Energy Outlook, ciò può avvenire “solo se le giuste politiche vengono messe in atto subito”. Nello scenario prospettato dall’Aie il picco dell’utilizzazione di carburanti fossili dovrebbe essere raggiunto prima del 2020 e cominciare quindi a calare rapidamente. I costi per il finanziamento della crescita verde sono ingenti, ma ogni anno di ritardo sulla tabella di marcia farebbe aumentare, secondo Tanaka, di 500 miliardi di dollari la spesa da sostenere tra il 2010 e il 2030 per la “rivoluzione energetica”, ovvero il passaggio da un’economia basata sui carburanti fossili all’uso massiccio di energie rinnovabili.

fonte: blog.panorama.it

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