La parola non promette niente di buono: mutazione. Non bastassero le informazioni confuse e oscillanti tra allarmismi e rassicurazioni spesso vane, ora sembra che il virus stia cambiando. Anche in Italia, come in Norvegia e in altri Paesi nel mondo (la conferma arriva dal ministero del Welfare, dopo che l’Istituto superiore di sanità si è messo al lavoro per stanare eventuali “metamorfosi” del virus che ha innescato la pandemia influenzale).
E, anche qui, difficile mettersi d’accordo: in alcuni articoli si scrive che la mutazione è insignificante, in altri che no, rende il virus più pericoloso.
Che cosa è successo? In Norvegia gli scienziati hanno raccolto campioni di sangue da oltre 70 malati di influenza A e in quattro è stata individuata una mutazione del virus H1N1. Dal momento che due dei malati sono morti, per deduzione ci si è chiesti se il virus fosse diventato più aggressivo. E in tal caso, che fare? Vaccinarsi di più? Smettere di farlo? Ricominciare a preoccuparsi?
Panorama ha chiesto una valutazione a due scienziati: Giuliano Rizzardini, primario di infettivologia all’ospedale Sacco di Milano, e Carlo Federico Perno, ordinario di virologia nell’Università di Tor Vergata a Roma.
1. Questa mutazione del virus H1N1 nei pazienti norvegesi implica che si tratta di un ceppo più pericoloso?
Non c’è alcuna evidenza di ciò. È una mutazione sporadica già vista in vari paesi: Stati Uniti, Messico, Brasile, Giappone, Cina, Ucraina. E che viene segnalata da tempo all’Oms, dove c’è un monitoraggio costante dell’evoluzione del virus. Al momento non è chiara la reale importanza di questa mutazione, se ne stanno studiando le caratteristiche. Non c’è prova che abbia reso il virus più aggressivo, anche perché è avvenuta in altri pazienti ammalati in modo lieve.
2. Che genere di indagine è stata fatta nel caso dei pazienti norvegesi?
Un sequenziamento del profilo genetico del virus, ossia l’analisi dei suoi geni. E si è osservata una variazione nelle proteine di superficie, che poi sono quelle più soggette a mutazione.
3. Sono analisi che vengono effettuate anche in Italia?
Sì. Nei casi complicati di influenza A si approfondiscono le analisi sul virus nei vari laboratori di riferimento, oltre una ventina. I campioni vengono inviati all’Istituto superiore di sanità, in base al sistema di sorveglianza nazionale.
4. Il vaccino resta efficace?
La mutazione non ha modificato la parte del virus sensibile al vaccino. Che continua a essere consigliato alle categorie a maggiore rischio.
5. In Canada l’Oms ha segnalato sei casi di reazioni allergiche al vaccino, su 63 mila persone vaccinate: come valutare quest’ultimo allarme?
Si tratta in realtà di un lotto particolare del vaccino, prodotto dalla Glaxo in un sito canadese. Lo stesso lotto, prodotto in altri siti del mondo, non ha dato problemi. Le sei persone coinvolte si sono già rimesse. E le dosi rimaste del vaccino sono state ritirate.
6. Se un paziente si ammala gravemente di influenza A, è il caso di fare analisi per individuare eventuali mutazioni?
Dal punto di vista terapeutico non serve, perché non cambia l’approccio clinico: si deve comunque assistere il paziente, assicurarsi che respiri bene e che abbia una sufficiente saturazione dell’ossigeno. L’analisi genetica del virus può servire a fini epidemiologici.
7. È normale che un virus muti nel giro di poco tempo?
Sì, non c’è nulla di sorprendente. Un virus produce ogni giorno, per replicarsi, centinaia di milioni fino a miliardi di particelle virali. È normale che ci siano mutazioni. E l’abuso di antivirali può accelerarne il ritmo, rendendo il virus resistente ai farmaci. Per questo conviene riservarli a casi selezionati.
8. Ci sono già casi di virus H1N1 resistente ai farmaci in Italia?
Per ora non sono stati segnalati. Nel resto del mondo sì, ma in modo sporadico. Comunque non è detto che chi venga colpito con un virus resistente abbia per forza un decorso negativo. Lo stesso paziente dovrebbe avere un ceppo virale che non risponde agli antivirali e al tempo stesso più aggressivo. Non è un evento così frequente.
9. Le mutazioni del virus sono sempre pericolose?
No, le mutazioni che avvengono di frequente (in linguaggio medico si chiamano drift) non sono significative. Diverso il caso di uno shift, ossia una ricombinazione del virus.
10. In tal caso, cosa accade?
In una ricombinazione, due virus diversi infettano la stessa cellula, dando luogo a un ceppo nuovo, più temibile. L’H1N1 potrebbe ricombinarsi con quello dell’influenza aviaria, l’H5N1. E il vaccino non sarebbe più efficace.
11. Quanto è probabile questa eventualità?
Il fatto che sia possibile non significa che sia probabile. Di norma la ricombinazione di due virus avviene non nell’uomo, ma nel maiale. Quest’ultimo deve infettarsi con un virus umano, l’H1N1, e con l’aviario, l’H5N1. Entrambi devono mescolarsi per dare vita a un nuovo virus che deve poi colpire l’uomo.
12. La ricombinazione di due virus può avvenire di colpo?
In linea teorica, no. È un evento che impiega almeno qualche mese a verificarsi. Inoltre il nuovo virus, per poter unire un alto potere di trasmissione da uomo a uomo e un’elevata pericolosità clinica, deve superare una serie di passaggi. E non è detto che ci riesca. Comunque l’Oms tiene d’occhio l’Egitto, dove girano entrambi i virus: l’H5N1 è diffuso tra gli uccelli, con casi sporadici negli umani. Il rischio però resta basso.
13. Abbiamo superato il picco dell’influenza in Italia?
Nelle scorse settimane c’è stata un’accelerazione dei casi. Ma negli Usa si inizia a parlare di un superamento del picco.
14. Dopo un calo dei contagi, bisognerà aspettarsi una seconda ondata?
La possibilità c’è. Anche se in genere la seconda ondata dà picchi meno intensi. Molte persone sono già immunizzate, o con il vaccino o perché, essendosi ammalate, hanno sviluppato gli anticorpi. È ciò che potrebbe succedere in Italia, anche se fare previsioni, nel caso dei virus, è sempre difficile.
fonte: Panorama
H1N1 - il virus sta mutando, come al solito l'informazione è confusa...
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