Pesticidi nel piatto 2010, il rapporto annuale di Legambiente

Solo il 50% della frutta risulta incontaminata mentre, a 32 anni dalla sua messa al bando, ricompaiono tracce di DDT in un campione di insalata analizzato in Friuli

Aumentano i prodotti contaminati da uno o più residui di pesticidi (da 27,5 a 32,7%); salgono anche i campioni irregolari (da 1,2 a 1,5%). Diminuiscono, di conseguenza, quelli regolari senza tracce di molecole chimiche (da 71,3 a 65,8%) ma soprattutto, il numero dei campioni analizzati, che passano dagli 8764 dello scorso anno, agli attuali 8560 (-204).

Tra le verdure il 76,4% dei campioni risulta regolare senza residui (erano l’82,9% nel 2009); 45 sono i campioni fuori legge (1,3% contro lo 0,8% dello scorso anno), mentre il 22,3% risulta contaminato da uno (15,8%) o più residui (6,5%, erano il 3,5% nel 2009).

Diminuiscono i campioni di frutta irregolari per residui oltre i limiti consentiti o per molecole non autorizzate, passando dal 2,3% dello scorso anno all’1,2% dell’attuale, mentre aumentano quelli regolari ma contaminati da uno (22%) o più residui (26,4%) che passano nel complesso dal 43,9 al 48,4%. Tra i prodotti derivati (tra i quali miele, pane, vino ecc), il 77,7% risulta regolare senza residui (erano l’80,5% nel 2009); il 10,3% è regolare con un residuo e il 9,3% contiene più di un residuo contemporaneamente. Il 2,7% risulta invece addirittura irregolare (39 campioni su 1435) segnalando una novità rispetto agli anni precedenti, quando la percentuale era pari a zero.

Nonostante gli sforzi tesi a una riduzione dell’uso della chimica di sintesi in agricoltura, anche quest’anno la quantità di residui di pesticidi rilevati nei campioni di ortofrutta e derivati risulta eccessivamente elevata. Rispetto allo scorso anno, il rapporto di Legambiente elaborato sulla base dei dati ufficiali forniti da Arpa, Asl e laboratori zooprofilattici, ha evidenziato una maggiore presenza di campioni multi residuo ovvero di campioni che presentano contemporaneamente più e diversi residui chimici.

I risultati del dossier sono stati illustrati oggi a Roma, nel corso di una conferenza stampa che ha visto la partecipazione di Vittorio Cogliati Dezza e Francesco Ferrante rispettivamente presidente nazionale e responsabile agricoltura di Legambiente, Antonio Longo, presidente Movimento Difesa del Cittadino (Mdc) e Francesco Panella, presidente UNAAPI (Unione nazionale associazioni apicoltori italiani).

“La normativa vigente ha portato ad un maggiore controllo delle sostanze attive impiegate nella produzione dei formulati e l’armonizzazione europea dei limiti massimi di residuo consentito (LMR), ha rappresentato un importante passo in avanti – ha dichiarato Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente -. Il rapporto registra poi un lento ma graduale miglioramento rispetto agli anni passati, a testimonianza della maggiore attenzione da parte degli operatori agricoli alla salubrità dei cibi e alle richieste dei consumatori, sempre più favorevoli ai prodotti provenienti da un’agricoltura di qualità. Nonostante ciò, però, risulta ancora troppo alta la percentuale dei prodotti contaminati da uno o più tipi di pesticidi”.

“La strada da percorrere per raggiungere un uso sostenibile dei fitofarmaci è ancora molto lunga. Permane infatti, il problema del cosiddetto multi residuo cioè, l’effetto sinergico dovuto alla presenza contemporanea di differenti principi attivi sul medesimo prodotto, e quello della rintracciabilità di pesticidi revocati oltre il termine fissato per lo smaltimento delle scorte. Non esiste un riferimento specifico nella normativa che stabilisca per i laboratori un termine temporale oltre il quale tracce, anche al di sotto del limite consentito di pesticidi revocati, come il DDT, siano da indicare come irregolari” - ha aggiunto Francesco Ferrante, responsabile Agricoltura di Legambiente e senatore del Pd – che a tal fine ha presentato un disegno di legge che, con l’obiettivo di contribuire a ridurre ed armonizzare l’uso dei fitofarmaci in agricoltura, mira, in particolare, a promuovere la ricerca sugli effetti sinergici del cocktail chimico e la regolamentazione della normativa sul multi residuo.

“I risultati del rapporto sono preoccupanti sia per l’aumento dei campioni con multi residui, sia per le criticità risultati doppie in percentuale nella verdura rispetto allo scorso anno – ha dichiarato il presidente del Movimento Difesa del Cittadino Antonio Longo -. I consumatori quindi devono sempre più stare attenti ad osservare le regole di igiene nell’uso di frutta e verdura, educando soprattutto i ragazzi. Cogliamo l’occasione inoltre, per denunciare l’intenzione del Governo di azzerare l’Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare. E’ una scelta miope, che contraddice tante assicurazioni dei ministri delle Risorse agricole e della Salute che va respinta con decisione”.

“I recenti accertamenti scientifici confermano quanto gli apicoltori denunciavano da anni: il crescente uso degli insetticidi neonicotinoidi, neurotossici sistemici persistenti comporta gravi problematiche di sopravvivenza delle api – ha dichiarato il presidente di UNAAPI Francesco Panella -. Mentre nelle aree del mondo ad agricoltura intensiva continua inarrestabile il devastante declino delle api, in Italia la sospensione dell’uso di neonicotinoidi per la concia del mais non ha avuto solo effetti benefici per le api ma, soprattutto, ha dimostrato che privilegiare l’uso della chimica comporta una spirale senza alcuna prospettiva di successo. E’ necessario quindi vietare la monocoltura in successione in tutte le zone a rischio Diabrotica, trasformare la sospensione dei concianti neurotossici del mais in divieto definitivo, ribadire formalmente il divieto d’irrorazione di insetticidi su mais in fioritura, il cui polline è abbondantemente bottinato da api e altri insetti utili”.

Dall’elaborazione dei dati raccolti quest’anno, sono emersi casi particolari di prodotti “multi contaminati”, tra i quali un campione d’uva bianca analizzato in Sicilia contenente 9 diversi residui di pesticidi (Clorpirifos, Clorpirifos-metile, Cyprodinil, Dimetomorf, Fenhexamid, Fludioxonil, Miclobutanil, Penconazolo, Tiabendazolo); un campione di pere analizzato in Campania con 5 diversi residui chimici (clorpirifos, boscalid, etossichina, captan di fenilammina, clozolinate); un campione di vino analizzato in Friuli Venezia Giulia con 6 diversi residui chimici (dimetomorf, boscalid, pyrimetanil, fenexamid, metalaxil, iprovalicarb).

I dati pervenuteci presentano nel complesso una grossa variabilità che riguarda sia il numero di campioni presi in esame sia i risultati stessi. Tuttavia, abbiamo verificato che laddove sono stati analizzati un maggior numero di campioni, più frequenti sono state le criticità riscontrate. Ad esempio, in Emilia Romagna su un campione totale di 1667 alimenti, si sono riscontrate ben 30 irregolarità. Tra i risultati da segnalare merita sicuramente attenzione quello dei 5 campioni di pane fuori legge analizzati in Piemonte e quello dell’insalata con tracce di DDT analizzato in Friuli Venezia Giulia, dove si registrano anche tre campioni di vino contaminati da Procimidone.

In sintesi, il 45% del totale delle pere analizzate lo scorso anno dai laboratori pubblici presenta più di un residuo. In Veneto, ben il 45,5% presenta più di un residuo, mentre in Emilia Romagna soltanto il 5,7% dei campioni è privo di residui chimici. Ciò significa che la restante parte, ossia il 92,7% dei campioni analizzati, presenta uno o più residui. Il 66,7% dell’uva analizzata in Puglia presenta più di un residuo, così come il 59,3% di quella analizzata in Emilia Romagna. Tracce di fungicidi e insetticidi sono emerse in quella analizzata in Basilicata e irregolarità per il superamento dei limiti ammessi di Clorpirifos sono state trovate in 2 campioni analizzati nel Lazio. Anche l’85,8% dei campioni d’uva analizzati in Trentino (Bolzano) presentano uno o più residui. A livello nazionale il 40,9% delle fragole analizzate è risultato contaminato da multi residuo chimico.

Anche quest’anno, lo scarso numero di analisi relative ai prodotti biologici ricevute (466 campioni tra frutta e verdura) non permette una valutazione obiettiva del settore, mentre le prime (anche se ancora limitatissime) documentazioni inviateci dagli Istituti Zooprofilattici Sperimentali (IZS), ci danno un piccolo saggio della situazione relativa agli alimenti di origine animale.

L’Emilia Romagna segnala un’irregolarità relativa ad un campione di muscolo di tacchino (su 7 totali) con tracce di Policlorobifenili (PCB). L’Istituto del Lazio e della Toscana segnala invece l’irregolarità dell’11,1% dei campioni di coniglio, l’1,8% di campioni di latte vaccino, lo 0,7% di campioni di latte bufalino, l’1,8% di latte ovicaprino, il 18,8% di latte fresco. In Lombardia, il 3,7% dei campioni di latte bovino, il 2,4% di uova di gallina e lo 0,8% di campioni di muscolo bovino risultano non conformi per la presenza di diossine e dl-PCB (PCB diossina-simili), mentre in Puglia le irregolarità riguardano un campione di latte bovino ed uno di latte ovino su un totale di 120 analizzati. Anche in questo caso è stata rilevata la presenza di diossine e PCB diossina-simili.

fonte: www.legambiente.eu

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