Sarà anche «acqua fresca» ma è una fonte che disseta 11 milioni di italiani. C’è chi la definisce un «placebo» ma l’effetto traina un’industria da 300 milioni di euro l’anno. È un settore che non conosce crisi e nonostante non sia promosso dal governo con leggi ad hoc, cresce al ritmo del 4 per cento l’anno. Stiamo parlando dell’omeopatia, la medicina alternativa che piace al mondo occidentale. In particolare alle donne, specie se mamme, istruite e residenti al Nord.
È infatti l’altra metà del cielo a consumare la fetta più grossa della torta omeopatica pagandola di tasca propria. Sì perchè chi sceglie le cure alternative non grava sulle casse dello Stato. Nonostante ciò il governo non aiuta. Anzi. «In Italia ci sono 30 aziende che per effetto di una legge del 1995 non possono immettere sul mercato nuovi farmaci - rivela Giovanni Gorga, responsabile dei rapporti istituzionali dell’azienda Guna, leader in Italia - ma soltanto quelli antecedenti al 1995». Negli altri Paesi però le cose funzionano diversamente. Tant’è che dal
2006 l’Italia ha accolto una direttiva europea con il fine di «armonizzare il mercato delle medicine negli Stati membri». Che significa? «Che i prodotti verranno registrati all’Aifa, l’agenzia italiana del farmaco - spiega Gorga - e quando l’iter della direttiva sarà ultimato anche le scatole delle medicine omeopatiche avranno un foglietto illustrativo, i prodotti saranno considerati farmaci a tutti gli effetti e le aziende potranno inserire sul mercato nuovi principi attivi». Non solo, «il medico avrà a disposizione nuove terapie, gli istituti di ricerca lavoreranno di più. Insomma, sarà un volano per l’industria».
In Italia soffriamo anche di un’altra carenza. «Non c’è una legge che regolamenti la professione - denuncia il manager di Guna - Il medico non si può specializzare in omeopatia così come succede con le altre branche. Se si avvicina a questo metodo di cura alternativo lo fa perchè mosso da interesse personale. È vero che esistono i corsi triennali dell’Aiot, associazione privata di medici omeopatici al termine dei quali si ottiene un attestato, ma non c’è un riconoscimento ufficiale. Per questo - rincara Giovanni Gorga - impera un pregiudizio: davanti a un errore medico commesso da un omeopata si accusa l’omeopatia in blocco, mentre siamo davanti a uno sbaglio del singolo professionista».
I medici e le aziende chiedono chiarezza e un intervento deciso dai politici. Al momento c’è una proposta di legge in Senato, ferma alla commissione Sanità, firmata dal deputato Daniele Bosone. «I rimedi omeopatici sono farmaci a tutti gli effetti - aggiunge Gorga - rispetto alle medicine tradizionali cambiano soltanto i dosaggi».
L’Italia è il terzo Paese europeo dopo Francia e Germania a consumare più medicine omeopatiche. Una ricerca Istat del 2010 rivela che l’omeopatia è il metodo di cura preferito dalle classi medio-alte e istruite. Il consumo è più consistente nelle regioni del Nord, Val D’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto e diminuisce man mano che si scende verso Sud. È proporzionale allo sviluppo economico di una regione e al grado di istruzione e informazione del singolo. La donna rispetto all’uomo è più attratta dalla medicina alternativa, è lei che acquista farmaci per tutta la famiglia. Ed è sempre lei più sensibile all’acquisto dei prodotti estetici. Il grado di soddisfazione di chi si è avvicinato all’omeopatia è molto alto. Più del 70 per cento ha ammesso di aver ricevuto benefici. Sono 25mila i medici italiani che curano con le discipline complementari, l’azienda Guna, fondata nel 1983 anni fa dai coniugi Alessandro Pizzoccaro e Adriana Carluccio, fattura 60 milioni di euro l’anno ed esporta in trenta Paesi del mondo.
fonte: IlGiornale.it
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