Stress da lavoro - in Italia ne soffrono 9 milioni

Stress da lavoro: come riconoscerlo e come prevenirlo o curarlo.

Insonnia, risvegli notturni, nausea, irritabilità, tachicardia. Eccoli i sintomi più comuni dello stress da lavoro, una malattia che colpisce nove milioni di italiani. Stando ai dati rilevati da Onda, l'Osservatorio nazionale salute donna, in collaborazione con il dipartimento di Neuroscienze dell'Ospedale Fatebenefratelli di Milano, le donne ne soffrono almeno il doppio degli uomini, con conseguenti disturbi sull'umore che vanno dall'ansia alle crisi di pianto. Il problema non è comunque solo femminile, e nemmeno italiano: oltre il 60 per cento della popolazione europea, secondo la rivista

European Neuropsychopharmacology, soffre di stress. Tutta colpa della crisi? O c'è dell'altro? Abbiamo chiesto a Paolo Campanini, psicologo del lavoro esperto in materia, di spiegarci meglio come stanno le cose.

Dottor Campanini, cominciamo dai sintomi. Come si manifesta più comunemente lo stress da lavoro?

"Tecnicamente, noi psicologi diciamo che la sintomatologia da stress è aspecifica. È difficile capire subito, a eccezione di casi conclamati di mobbing, se a stressarci è il lavoro oppure il traffico o, come spesso accade per le madri di famiglia, la difficile conciliazione vita-lavoro. Un buon indicatore per capire se è davvero il lavoro il responsabile del nostro disagio è osservare se anche in vacanza o nei weekend permangono i sintomi da stress lavorativo".

E quali sono?

"A breve termine, le alterazioni del sonno: fatica ad addormentarsi, risvegli notturni o addirittura insonnia. Poi le cosiddette patologie psicosomatiche, come le dermatiti. Poi ancora i disturbi gastrointestinali, per esempio nausea, bruciore di stomaco. Infine, tutte quelle alterazioni fisiche che comportano i disturbi d'ansia come la tachicardia e il senso di oppressione toracica".

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Che cosa succede se questi sintomi permangono nel tempo?

"Entriamo nella vera e propria patologia da stress: insonnia cronica, ulcera, disturbi cardio-vascolari che nei casi più gravi possono portare all'infarto. Lo stress non va mai sottovalutato".

Come possiamo definire lo stress da lavoro?

"Direi che si manifesta quando esiste una sproporzione tra ciò che si può fare e ciò che ci viene richiesto di fare sul lavoro. Lo stimolo a far meglio è fondamentale, ma se diventa constante o è spinto

all'estremo esaurisce le energie della persona ed è un forte danno per tutti. Le aziende hanno capito che lo stress si paga, anche a livello di costi, perché un dipendente stressato peggiora il clima e la produttività generale. È stato fatto anche un decreto legge (il numero 81) che valuta i rischi dello stress in azienda".

Come si può evitare che la situazione degeneri?

"Il sostegno sociale è il modo migliore per alleviare lo stress".

Sarebbe a dire?

"I colleghi e i familiari della persona sotto stress devono fare la loro parte: se un amico o un collega è stressato sul lavoro, è bene evitare di dare consigli. Meglio porsi in ascolto e fornire un sostegno emotivo. Se il motivo dello stress è il capo, non serve a nulla unirsi al coro dei rimbrotti o degli insulti, fatto che aumenta solo l'ansia e la tensione: bisogna invece ascoltare e far sentire la propria empatia per la situazione. Il primo passo però lo deve fare il diretto interessato".

In che senso?

"Spesso le persone stressate non vogliono 'vedere' il problema e considerano naturali dei fatti anomali. Dormire poco e male, non digerire, avere la nausea, essere perennemente arrabbiati sono derubricati a fattori caratteriali e non considerati sintomi di un vero malessere psicologico. Così è difficile, per un familiare o un amico, intervenire e aiutare".

A quali conseguenze può portare questo atteggiamento?

"È ormai accertato dagli studi che incrementa la percentuale di incappare in una depressione, dunque nelle cure farmacologiche".

Come si può intervenire efficacemente?

"Dopo aver riconosciuto i sintomi, bisogna identificare il motivo dello stress. Dire che è colpa del lavoro non basta: che cosa scatena l'ansia? È il capo-ufficio? Il tipo di organizzazione? La qualità del lavoro? Il rapporto con i colleghi? A quel punto noi psicologi abbiamo identificato due modalità di intervento (le modalità di coping). Una, ed è la migliore, è orientata al problema specifico e agisce per modificare la situazione concreta. L'altra è orientata all'emozione: se non è possibile eliminare il problema (per esempio cambiare lavoro o dipartimento o colleghi o altro), allora bisogna re-interpretare la situazione, modificare il proprio punto di vista, rendere la fonte di stress meno offensiva per noi stessi".

Si può farlo da soli?

"Generalmente sì. In situazioni più complicate, che rischiano di scivolare nella patologia, è meglio rivolgersi a uno psicologo esperto".

fonte | Yahoo! Lifestyle

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