Finalmente!
il British Medical Journal una tra le riviste scientifiche più
autorevoli al mondo ha lanciato una campagna dal titolo evidente “Too Much Medicine”: troppa medicina.
Il titolo è esplicativo: eccesso di diagnosi, eccesso di trattamento ed eccesso di prevenzione.
Nell’editoriale
pubblicato il 27 febbraio 2013 si afferma come gli interessi
commerciali delle case farmaceutiche influenzino il concetto stesso di
salute estendendo continuamente il dominio della malattia. I protocolli
di prevenzione e diagnosi si fanno sempre più pervasivi, vengono
considerati come patologici parametri normali, l’approfondimento
diagnostico spesso si accanisce con esami inutili e talvolta dannosi.
La soluzione poi è sempre di tipo farmacologico e
medicalizzato quasi mai consiglia stili di vita che potrebbero
rimettere all’equilibrio la situazione in maniera demedicalizzata i
soggetti. Il BMJ ha lanciato una vera e propria campagna di informazione
per controbattere la overprevention, overdiagnosis e overtratment.
Ma come nascono questi eccessi?
Attraverso
congressi spesso finanziati e influenzati dalle case farmaceutiche
vengono elaborati protocolli di prevenzione e diagnosi sempre più
pervasivi, costosissime campagne mediatiche diffondo il concetto di
“rischio” verso la popolazione.
I protocolli diventano presto
degli standard operativi cui i medici di base non si possono sottrarre
senza il rischio di incappare in controversie medico legali spesso
fomentate dalle associazioni dei consumatori al grido di “malasanità”.
Un
vortice perverso che sta aumentando i costi sanitari, gli effetti
collaterali e indesiderati degli eccessi medici e in definitiva non
aggiunge livelli di benessere e salute nella popolazione. Al contrario
le persone vengono classificate come malate e medicalizzate anche in
condizioni di salute.
L’effetto “iatrogeno” ovvero la medicina
che genera malattia era stato affermato con forza negli anni settanta e
ottanta del secolo scorso. A livello internazionale dai lavori di Ivan
Illich, in Italia dalla scuola di Maccaccaro; poi con gli anni queste
voci sono state sopraffatte dal nuovo che avanza: Big Pharma.
Da anni
poi l’evidenza clinica ha individuato nel sedentarismo una concausa
fondamentale nello squilibrio delle affezioni metaboliche come il
diabete, l’ipertensione, il sovrappeso, l’ipercolesterolemia, l’artrosi,
l’osteoporosi.
Infine l’attività fisica è una variabile che
migliora tutti i parametri vitali sia in condizione di salute che della
maggior parte delle malattie. Ma queste informazioni non riescono a
sfondare per i troppi interessi in gioco.
La classe medica pur
consapevole che l’attività motoria è un efficace farmaco demedicalizzato
si limita ad un generico consiglio “ faccia un po’ di movimento” senza
prescrivere dosi modalità e approccio.
La classe politica non
intercetta questo bisogno e quindi non promuove l’accesso all’attività
fisica per i sedentari. Confonde ancora l’attività fisica con lo sport,
non promuove spazi, luoghi accessi strutture facilitazioni economiche e
cultura del movimento.
La stampa e i media o sono impreparate a
cogliere questi aspetti o sono influenzate dal forte rifornimento
pubblicitario delle case farmaceutiche sui nuovi protocolli di
prevenzione e terapia.
Il movimento per la gente comune e i
sedentari non è sport, è attività motoria, non ha velleità agonistiche;
si preoccupa di ridare ai soggetti fragili gli strumenti minimi di
conoscenza per muoversi con piacere e sicurezza. Utilizza gli stessi
strumenti dei centri fitness ma con dosi appropriate ovvero minime nei
casi più compromessi e via via più intensi nei casi che lo permettono.
Il fitness metabolico è la risposta al sedentarismo diffuso nella società, è lo strumento per il cambiamento degli stili di
vita. E’ uno strumento per realizzare la trasformazione di un soggetto
da sedentario a motorio.
Da anni abbiamo proposto questa metodologia
per gli operatori del fitness e ora più che mai vediamo che le
contraddizioni già presenti quando nel 2005 proponemmo un metodo per
ridare movimento ai sedentari sono ancora più attuali di allora.
www.professionefitness.com
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