Ogni anno in Italia vengono acclarati ben 23.000 casi di salmonellosi,
pari a 41,3 ogni 100.000 abitanti. E il Nostro Paese secondo le
statistiche europee occuperebbe il secondo posto nella classifica del
numero di intossicazioni alimentari registrate.
I sette principali
patogeni che si ritrovano nei prodotti di origine animale (Campylobacter
jejunì, Clostridium perfrigens, E. coli 0157:H7, Listeria
monocytogenes, Salmonella, Staphylococcus aureus, Toxoplasma gondii)
sono responsabili annualmente da 3,3 fino a 12,3 milioni di casi di
intossicazioni alimentari, con 3.900 decessi ed un costo stimato da 6,5 a
34 miliardi di dollari (spese sanitarie + mancata produttività
lavorativa del malato) nel mondo.
Tali cifre dimostrano che
l'incidenza delle malattie trasmesse da alimenti è in costante ascesa in
tutti i paesi industrializzati. Tale pericolosa tendenza è ascrivibile
in gran parte alle modifiche dello stile di vita e delle scelte
alimentari di noi consumatori.
Le mutate abitudini lavorative (e di
studio) hanno indotto un aumento del numero dei pasti consumati fuori
casa, che negli Stati Uniti sono ritenuti responsabili dell'80% degli
episodi delle intossicazioni segnalati.
Questo fenomeno ha
condizionato anche un incremento del numero dei punti di ristoro (bar,
chioschi) in aggiunta ai ristoranti e alle mense preesistenti, con le
conseguenti difficoltà ad effettuare un efficace controllo sanitario. La
ridotta disponibilità di tempo nelle famiglie, dove spesso lavora anche
la madre, ha ridotto drasticamente la propensione alla preparazione del
cibo casalingo, con una progressiva perdita di competenze specifiche
nella confezione e conservazione degli alimenti e un ricorso sempre più
frequente all'acquisto di pasti pronti, che richiedono particolari
cautele (consumo immediato o immediata refrigerazione). Inoltre
l'assenza di entrambi i genitori da casa costringe sempre più spesso i
minori (i cui genitori non posseggono più l'esperienza per fornire una
sufficiente dote di nozioni pratiche) a preparare essi stessi il pasto,
con modalità non sempre igienicamente corrette (i.e. inadeguato
riscaldamento, contaminazione di cibi cotti con cibi crudi). Anche le
nuove preferenze alimentari dei consumatori possono giocare un ruolo non
secondario. La ricerca di gusti nuovi (per esempio i frutti «esotici») e
la perdita della nozione di stagionalità di frutta e verdura comportano
l'importazione di questi prodotti da paesi lontani, con la concreta
possibilità di trasporto anche degli agenti infettivi non usuali o
“autoctoni”. Va segnalato poi il diffondersi nella popolazione di regimi
dietetici volti alla prevenzione delle malattie cardiovascolari, che
prevedono l'uso di vegetali crudi e potenzialmente infetti.
L'incremento
dei casi di intossicazione alimentare è anche dovuto all'estendersi
della fascia di soggetti a rischio (anziani, bambini, ìmmunodepressi) ed
a fattori che concernono le diverse fasi di produzione (per esempio i
metodi intensivi di allevamento del pollame) e lavorazione degli
alimenti: a tal proposito un problema di rilievo può essere costituito
dalla bassa specializzazione del personale addetto alla confezione degli
alimenti e del suo rapido turnover, che non consente di ottenere una
corretta formazione igienico-sanitaria. Infine, permane purtroppo in
gran parte della popolazione una scarsa propensione al rispetto delle
più elementari norme igieniche per la prevenzione delle malattie a
trasmissione oro-fecale. Basti pensare che in un recente studio
dell'American Society for Microbiology è emerso che il 21,3 % del
campione studiato (6.330 adulti) non si lavavano le mani dopo aver
usufruito dei servizi igienici.
Le intossicazioni alimentari
rappresentano anche nel 2013 la principale causa di MTA (malattie
trasmesse dagli alimenti) (58%), seguite dagli avvelenamenti da funghi
(27%), dall’intossicazioni da istamina (7%) e da tossina botulinica
(7%).
Gli agenti causali maggiormente rappresentati, dopo le tossine
fungine, sono risultati: Salmonella spp., Stafilococcus aureus, Istamina
e Cl. Botulinum. Gli alimenti identificati come sospetti nello sviluppo
dei focolai di tossinfezione alimentare sono stati i prodotti della
pesca (24%) e i prodotti carnei (19%) con dati congrui alle analisi
condotte su matrice alimentare che evidenziano le positività maggiori
per i due alimenti sopra-citati.
Incongruente risulta invece il
dato relativo agli alimenti a base di uova, identificati come sospetti
nel 13% delle indagini epidemiologiche in corso di MTA e raramente
riscontrati positivi per patogeni nei controlli routinari sulle matrici
alimentari (0/27). Tra l’altro anche alla luce dei risultati delle
tipizzazioni di Salmonella spp. che confermano il trend di una
prevalenza di S. typhimurium e della nuova variante monofasica 4,5,12:i e
della quasi scomparsa di S. enteritidis, è possibile che le indagini
epidemiologiche siano influenzate da pregiudizi radicati tra i sanitari
che hanno il primo contatto con il paziente e che vedono la Salmonella
collegata al consumo di uova.
Le matrici di origine vegetali sono
identificate come sospette nel 6% delle MTA, contro un 0.5% di
positività nelle indagini su matrici alimentari (1/190).
Nella
maggior parte dei casi gli episodi di MTA si verificano presso
l’abitazione privata (52%) o nella ristorazione pubblica (33%) dove
spesso i fattori comportamentali (scorretto mantenimento della
temperatura e contaminazione crociata) sono frequentemente identificati
come fattori causali. Per Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dello
“Sportello dei Diritti” al di là del necessario e obbligatorio rispetto
delle normative e delle regole da parte dell’industria alimentare, è
indubbio che una adeguata informazione/formazione indirizzata ai
consumatori o agli operatori di alcune tipologie di attività a maggiore
rischio determini una più consapevole assunzione di comportamenti
corretti ed una migliore gestione dei rischi legati alla manipolazione
di alimenti.
Occorre quindi ripetere sino allo stress che per
proteggere la propria salute, bisogna rispettare delle buone pratiche di
acquisto, conservazione e preparazione dei cibi tenendo presente che
anche le scatolette o altri tipi di conserve a base di latte, pesce o
carne, una volta aperte, devono essere tenute in frigorifero e consumate
nel più breve termine e comunque entro 3 giorni dal primo consumo.
Sportello dei Diritti
Sicurezza del cibo: inquietante boom di intossicazioni alimentari in Italia
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