Francia, 1892, l’Abate di Rennes Le Chateau, Padre Francois Berenger Sauniere, sta raccogliendo i fondi necessari per ristrutturare la sua piccola chiesa. Per prima cosa si occupa dell’altare e fa rimuovere la spessa lastra di marmo che ne costituisce il piano; quando la lastra viene spostata, una delle due colonne che la sorreggevano si rivela cava ed al suo interno Sauniere trova alcune antiche pergamene; sono trascrizioni di alcuni brani del Vangelo. Nel testo, alcune lettere sono segnate da un punto e compaiono anche strani simboli. L’abate consegna le pergamene al suo superiore, il Vescovo di Carcassonne, Mons. Felix-Arsene Bilard; le scritture vengono esaminate attentamente, giungendo alla conclusione che si tratta di manoscritti risalenti almeno al XIII Secolo e che molti particolari fanno pensare siano redatti in una sorta di codice segreto. L’abate chiede ed ottiene dal vescovo il permesso di recarsi a Parigi per fare esaminare le pergamene da uno specialista. Qui rimane tre settimane e trascorre gran parte del suo tempo al Louvre. Poco prima di tornare a Rennes, Padre Sauniere acquista le riproduzioni di tre quadri: un ritratto di S. Antonio, di Teniers, un ritratto di Papa Celestino V, di autore sconosciuto, ed un quadro dal titolo “Les bergers d’arcadie” di Nicolas Poussin. Quest’ultimo, realizzato intorno al 1640, raffigura un sarcofago con l’incisione “et in arcadia ego” e si rifà ad un precedente quadro del Guercino, realizzato nel 1620. Particolare inquietante si rivela essere che il sarcofago riprodotto sul quadro esiste realmente e si trova a poca distanza da Rennes Le Chateau. Intanto i lavori di restauro della chiesa procedono e si effettuano altre scoperte, tra cui una lapide che rappresenta due cavalieri, di cui uno tiene in mano un oggetto tondeggiante. I danni causati dal tempo non permettono però di comprendere esattamente di che cosa si tratti. La lapide viene rimossa e l’abate ordina agli operai di scavare per qualche metro, il risultato di questo ulteriore scavo non verrà mai rivelato. Da quel momento l’abate incomincia a compiere lunghe esplorazioni nei dintorni del paese, e poco tempo dopo sembra essere venuto in possesso di danaro in quantità illimitata; i lavori di restauro della chiesa vengono da lui interamente finanziati, acquista molti terreni circostanti, dove fa costruire una “passeggiata” a semicerchio e fa edificare una torre (Tour Magdala) dedicata a Maria Maddalena. Sul portale del chiostro della chiesa fa incidere la scritta “Terribilis est locus iste”. Questa è la storia che viene riportata in diverse cronache dell’epoca ed in molti libri posteriori. Proviamo adesso ad ipotizzare cosa realmente accadde, sulla base dei dati storici disponibili, collegando le leggende alla tradizione popolare ed avvicinandoci a conclusioni che pur non volendo erigersi come verità assolute rimangono sempre in attesa che seri e disinteressati studi diano una risposta definitiva.
L’IPOTESI CATARA
La storia dei Catari è ormai molto conosciuta ed intimamente legata a quella dello Gnosticismo, un movimento religioso cristiano con profonde radici esoteriche, sorto contemporaneamente, o addirittura prima, del cristianesimo ufficiale. I sopravvissuti alla tremenda repressione degli gnostici confluirono con i Manicheisti, adepti di un movimento che perseguiva fini simili (Manes, il fondatore, sosteneva di aver ricevuto da Dio il compito di perfezionare le religioni che si praticavano allora sulla terra). Come la gnosi, allo stesso modo il Manicheismo fu accusato di eresia e sopravvisse a stento, confondendosi con altre discipline esoteriche medio-orientali come l’alchimia. Dopo gli editti di Giustiniano e di Sant’Agostino, i Manichei sparirono dall’Occidente, ma nell’Ottavo Secolo una setta manichea cominciò a diffondersi nei Balcani ed in tutta l’Europa Centrale. A causa delle invasioni turche, gli adepti di questa setta (la setta dei Bogomils) si spostarono in Linguadoca, assumendo il nome di Catari (i puri) o, come meglio conosciuti in seguito, di Albigesi, dal loro centro principale, la città di Albi. I Catari sopravvissero per più di due secoli, fino a che Papa Innocenzo III scatenò contro di loro una vera e propria crociata che trasformò la lotta contro gli Albigesi in un massacro sostenuto dalla corona francese, che intravedeva l’occasione di espandere il proprio dominio anche in Linguadoca. Dopo la caduta di Montsegur, nel 1244, la Linguadoca cadde in mano ai francesi e la storia dei Catari si concluse nel sangue. In quell’occasione, come già era avvenuto in passato, si parlò a lungo di un favoloso “Tesoro” dei Catari; si trattava indubbiamente di un tesoro di ordine spirituale, ma nulla toglie che quello stesso tesoro poteva essere un oggetto, oppure un documento che proprio per la sua valenza spirituale avrebbe attribuito grande potere decisionale al suo possessore; i Catari, infatti, professavano il voto di povertà, a differenza dei Templari ai quali spesso sono stati accostati.
IL “TESORO” DEI CATARI.
Secondo gli studi gnostici, fu Maria Maddalena la persona più vicina a Gesù, quella che avrebbe raccolto la sua eredità spirituale, e proprio il fatto che una donna fosse annoverata fra gli apostoli irritò la Chiesa ufficiale. Secondo una antica tradizione, Maria Maddalena lasciò la Palestina ed approdò sulla costa della Camargue. Con lei c’erano Maria Jacobi, sorella di Maria, Madre di Cristo, e Maria Salomè, madre di Giovanni e di Giacomo. Nel punto in cui esse sbarcarono fu fondato un piccolo villaggio, l’attuale Les Saintes Maries de la mer. Non a caso, quindi, secoli dopo, i Bogomils si spostarono proprio in quella zona; probabilmente volevano raggiungere colei che ritenevano l’iniziatrice del loro movimento. La tomba di Maria Maddalena venne cercata a lungo ed infine rinvenuta in una grotta non lontana da Rennes-les-Chateau. Sempre secondo la tradizione, accanto alle sue ossa i Catari deposero un oggetto che consideravano il simbolo del perfezionamento interiore. La tomba venne poi nuovamente sigillata, e solo i vescovi della setta conoscevano la sua ubicazione. Quando si scatenò la crociata contro gli Albigesi, affinché il segreto non andasse perduto, vennero disseminati nella zona una serie di indizi: in una chiesa di Rennes-les-Chateau, in un cenotafio (quello dipinto in seguito da Poussin); tutti indizi che avrebbero condotto alla tomba. Ipotizzando che Sauniere abbia ritrovato nella colonna dell’altare il primo degli indizi, e che seguendo i vari altri indizi egli abbia realmente ritrovato la tomba di Maria Maddalena e l’oggetto in essa nascosto, potremmo avere una piccola idea di come realmente siano andate le cose. Se a questa ipotesi aggiungiamo che l’oggetto ritrovato poteva essere una grande minaccia per la Chiesa, potremmo anche spiegarci le enormi ricchezze dell’Abate, le sue stravaganze e le sue coperture ed amicizie influenti, egli, infatti, pur sfidando varie volte ed apertamente il Vaticano, venne da quest’ultimo coperto e mai sanzionato. Questa un’ipotesi tra le tante che vedono di volta in volta alternarsi il Tesoro dei Templari, la tomba di Gesù, il Priorato di Sion e molto altro ancora; nessuno conosce la risposta e forse questa risposta non deve essere mai conosciuta!
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