Il doping della carne da mangiare

Anabolizzanti, ormoni e antibiotici

Boicottare per Credere

Come si legge ottimamente sul sito di Peacelink gli ultimi eventi, di cui i mass media hanno dato notizia, legati alla qualità della carne in commercio, confermano che il trend della globalizzazione sta sfasciando qualsiasi ambito produttivo e sta deprivando i cittadini del mondo anche delle più comuni norme di sicurezza in campo nutrizionale e salutistico. È chiaro, cioè, che le grandi industrie agroalimentari hanno delocalizzato la produzione nei paesi del sud del mondo, e in Europa hanno ristrutturato i processi produttivi in modo tale che la carne pregiata sia venduta a costi molto bassi. La risposta locale è allora una produzione scriteriata, al di fuori delle leggi, con il fine frenetico di produrre sempre più carne nel minor tempo e al minor costo possibile per essere competitivi sul mercato.
Polli, tacchini, conigli, maiali, vitelli ecc. vengono sempre più allevati intenzionalmente con l’uso di sostanze nocive per la salute umana, ma che hanno effetti sulla incentivazione della produzione di carne negli animali.
Alcune di queste sostanze sono veramente tossiche per l’uomo: cloramfenicolo, boldenone, steroidi anabolizzanti ecc. hanno effetti sulla salute che vanno da quelli addirittura ancora sconosciuti agli scompensi al sistema linfatico e sino alla cancerogenicità. Senza contare poi altri effetti che derivano dalla presenza nelle stesse carni di ormoni, antibiotici e altri prodotti chimico-farmaceutici che vengono di prassi somministrati agli animali da allevamento.
Cosa fare allora di fronte a una situazione che negli anni sembra non avere più soluzioni? Le reazioni che vediamo sono solitamente di due tipi. Ci si batte il petto per il senso di colpa nell’aver contribuito a edificare questa società dissennata e però necessaria, cercando di mediare e trovare dei compromessi, oppure ci si scaglia con indignazione contro gli avvelenatori accusandoli di ogni ignominia, addossando loro ogni responsabilità e invocando maggiore repressione.
A nostro parere, tuttavia, questi due atteggiamenti non ottengono risultati benefici e non portano ad una soluzione del problema. L’unica via di scampo è infatti secondo noi cambiare le regole su cui è oggi imperniata la società. Certo, queste possono sembrare parole fuori luogo o esagerate, ma solo reimpostando i valori su cui si fonda la comunità (benessere collettivo e non benessere dei più scaltri, solidarietà e non sfruttamento, soddisfazione dei bisogni e non dei desideri inconvulsi o indotti, evoluzione interiore e non rincorsa idolatrica di denaro/potere) sarà possibile troncare alla radice tutte le future complicazioni che derivano dalla globalizzazione e che impoveriranno altrimenti l’esistenza su questa terra, sino a renderla molto invivibile per la maggior parte dei suoi abitanti, umani e non.
Come si inizia? Boicottando per quello che si può le multinazionali, la grande distribuzione e i supermercati e cercando di tessere delle reti senza intermediari “dal produttore al consumatore” che si fondino sulla conoscenza diretta o sull’amicizia, fiducia e simpatia tra persone che condividono nuovi schemi di pensiero per questo mondo: il biologico, l’agricoltura e il commercio locale, le relazioni non competitive, la cooperazione, il boicottaggio delle banche ecc.).
Piano piano, certo. Ma costantemente, da qui all’infinito…
Valerio Pignatta

fonte: www.macrolibrarsi.it

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