
Le linee-guida per questa terribile discriminazione ora vengono alla luce. Quattro categorie di pazienti saranno le prime a essere sacrificate: i "Do Not Resuscitate", come vengono chiamati coloro che hanno dato disposizione nel testamento biologico di volersi sottrarre a ogni accanimento terapeutico; gli anziani; i pazienti in dialisi; infine quelli con severe patologie neurologiche. In questi casi - se l'epidemia supera una soglia di guardia - le autorità sanitarie potranno "negare il ricovero nelle strutture ospedaliere, o negare l'uso dei respiratori artificiali", secondo quanto rivela il New York Times. Lo Stato dello Utah inoltre ha stabilito una tabella di marcia precisa: questo tipo di razionamento e di rifiuto delle cure partirà anzitutto dagli ospizi per anziani non-autosufficienti, dai penitenziari e dagli istituti per disabili, fino a estendere gli stessi criteri selettivi alla totalità della popolazione.
È una terrificante logica darwiniana, di selezione dei più forti, o dei più adatti a sopravvivere. Ma è inevitabile, sostengono i responsabili delle task-force anti-influenza, perché in uno "scenario 1918" sarebbe ipocrita fare finta di poter curare tutti.
Lo Stato di New York ha codificato queste regole estreme, che sono accessibili al pubblico, e corredate da 90 pagine di commenti raccolti dallo Health Department. "Triage", ovvero "smistamento", è la parola-chiave che affiora in mezzo a quel documento, la foglia di fico che nel gergo tecnico sta per razionamento. Mary Buckley-Davis, una specialista di rianimazione con 30 anni di esperienza alle spalle, ha denunciato pubblicamente alle autorità sanitarie quelle regole. "Ci saranno sommosse per le vie di New York - scrive la Buckley-Davis - non appena si viene a sapere che gli ospedali staccano la maschera respiratoria ad alcuni pazienti. Non c'è campagna di comunicazione che possa fare accettare alle famiglie la decisione di cessare le cure ai loro cari". Le autorità statali si difendono spiegando che il peggio è lasciare queste scelte - inevitabili - all'improvvisazione del personale sanitario travolto da un'emergenza. Sarebbe ingiusto, oltre che inefficiente. "La prospettiva cambia - spiega la dottoressa Ann Knebel del Department of Health - se anziché pensare al paziente individuale si guarda alla comunità degli ammalati".
La Knebel porta il titolo di ammiraglio, perché proviene dai servizi medici delle Forze armate. Non a caso. I piani di razionamento infatti sono stati studiati e sperimentati inizialmente proprio sul fronte di guerra, dove gli ufficiali medici possono essere costretti a scelte crudeli: chi curare per primo quando i mezzi scarseggiano. E le direttive che ora vengono rispolverate per l'influenza A hanno avuto il loro battesimo dopo l'11 settembre: per uno scenario di attacco terroristico con armi biologiche o nucleari, e una strage a Manhattan.
fonte: Repubblica.it
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