Carne alla brace e di insaccati aumentano il rischio di tumore allo stomaco

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Il consumo di carni rosse - soprattutto cotte alla brace – e di insaccati fa crescere nettamente il rischio di tumore allo stomaco. L’allarme arriva dal XII Congresso dell’Associazione Italiana Oncologia Medica (AIOM), appena conclusosi a Roma.

“Gli italiani sembrano non conoscere questa neoplasia, nonostante sia il quarto big killer e colpisca più di 12.500 persone l’anno con 7.500 decessi” afferma Carmelo Iacono, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM). “La prevenzione è sempre l’arma più efficace, ma è anche una delle pratiche più difficili, perché spesso riguarda atti voluttuari e stili alimentari. Per il tumore dello stomaco, l’alimentazione può fare la differenza. Va incrementato il consumo di frutta e verdura, ma anche di legumi e di fibre. I cereali vanno scelti integrali e bisogna porre attenzione anche alle tecniche di cottura. Da usare con estrema moderazione la griglia, la frittura ma anche la pentola a pressione: l’alta temperatura cui l’alimento è sottoposto distrugge elementi nutritivi importanti come la vitamina C”.

Il ruolo chiave dell’alimentazione è provato dalla forte caratterizzazione regionale tipica del nostro Paese, che vede in testa nei tassi di incidenza di tumore allo stomaco regioni a forte consumo di carni rosse e insaccati: il primato va all’Umbria, con 28 casi su 100.000 abitanti negli uomini e 13 nelle donne, seguita da Marche,
Emilia-Romagna e Lombardia. Nelle Isole, patria della dieta mediterranea, l’incidenza è esattamente della metà (il record va alla Sardegna con, rispettivamente 11 e 5 casi su 100.000).

“Si parla di un vero e proprio “triangolo maledetto”, che ha i suoi vertici a Perugia, Pesaro e bassa Romagna”, spiega Marco Venturini, presidente eletto AIOM “in particolare si studia fin dagli anni ’80 il caso di San Marino, che presenta tassi di incidenza pari al Giappone, lo Stato con la più alta diffusione di questa malattia al mondo. Fra le ipotesi vi è anche una componente ambientale, con un’alta concentrazione di nitriti nelle acque. In queste zone si registra pure una più alta mortalità attribuibile a diversi fattori: mancata prevenzione, diagnosi spesso tardiva e limitata efficacia delle terapie ad oggi disponibili”.

Carmine Pinto, coordinatore AIOM sul tumore dello stomaco, commenta: “Quali sono le maggiori criticità nella lotta al tumore dello stomaco? Le diagnosi troppo tardive, più di ogni altra cosa. Si combatterebbero efficacemente se tutti i pazienti con sintomi gastrici si rivolgessero tempestivamente al loro medico di famiglia evitando di assumere farmaci antiacidi come gli inibitori di pompa protonica a caso, magari su consiglio di familiari e amici. E se i medici di famiglia ricorressero più spesso alla gastroscopia soprattutto in caso di recidiva dei sintomi”. Spesso invece i medici di famiglia tendono a prescrivere cicli successivi di terapia farmacologica senza effettuare esami diagnostici per motivi di budget… “C’è un’eccessiva ‘americanizzazione’ della pratica clinica: prima ti prescrivo le pillole, poi verificheremo i sintomi in seguito. Occorre invece valutare la continuità del disturbo: se viene risolto dopo due mesi di trattamento ma al terzo mese si ripresenta daccapo, questo deve portare a una maggiore accuratezza diagnostica per scongiurare il rischio che non si tratti di una patologia da reflusso ma di un tumore allo stomaco in fase iniziale. Altrimenti magari dopo un anno il paziente si presenta da noi oncologi con una occlusione gastrica e con una situazione molto compromessa”.

“La gastroscopia può essere efficace per una diagnosi precoce ma non può essere effettuata di routine” , ribatte Marco Venturini, presidente eletto AIOM, “esistono però alcune condizioni che possono giustificare esami più specifici. Fra queste, oltre agli stili di vita errati, la familiarità, l’infezione da Helicobacter Pylori, gastrite cronica, ulcere, polipi. Scoprire il tumore ai primi stadi può fare la differenza: oggi infatti la sopravvivenza dopo 5 anni è solo del 30% perché la neoplasia viene scoperta in genere in stadi molto avanzati”.

Fonte: Il Pensiero Scientifico Editore

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