Le centrali nucleari giapponesi non sono dei vecchi rottami. Nulla a che vedere con la obsoleta tecnologia che portò al disastro di Cernobyl. Le centrali nucleari giapponesi possono contare su una tecnologia avanzata, su professionalità di elevatissimo livello, su un'esperienza di decenni. Il dramma atomico di Hiroshima e Nagasaki col quale si chiuse la seconda guerra mondiale ha segnato profondamente e indelebilmente la popolazione giapponese che mai permetterebbe il ripetersi di un'apocalisse atomica sul territorio. Di fatto, tutti questi fattori hanno contribuito a rendere le centrali nucleari giapponesi intrinsecamente sicure.
Però ...! Però poi succede l'imprevedibile. Succede che in un'area geografica ad alto rischio sismico (a proposito, tutta Italia lo è!) si scatena il più terribile terremoto degli ultimi 150 anni seguito da uno tsumani le cui conseguenze sono ancora lontano non solo dall'essere quantificate, ma
persino semplicemnte immaginate. Succede che come conseguenza del terremoto i sistemi di sicurezza di una centrale nucleare vanno in blocco. Succede che i sistemi ausiliari di raffreddamento del reattore non entrano in funzione. Succede che tutto ciò porta a una perdita di cesio radioattivo e a un Paese, il Giappone, sull'orlo di un nuovo dramma atomico.
Le dimensioni dell'evento che si sta verificando nella centrale di Fukushima sono ancora tutte da definire. Potrebbe trattarsi, e tutti lo speriamo, di un incidente dalle conseguenze tutto sommato trascurabili, come invece potrebbe essere il più grave disastro nucleare in tempo di pace in Giappone, e uno fra i più gravi di tutti i tempi al mondo. Ma quale che sia la gravità dell'evento, un insegnamento non può non essere tratto: i rischi connessi all'uso pacifico dell'energia nucleare non sono mai del tutto prevedibili e, dunque, controllabili e le conseguenze possono essere tali da rendere del tutto ingiustificabile il ricorso a tale tecnologia per soddisfare il fabbisogno energetico di una società sempre più vorace.
L'incidente di Fukushima si intreccia strettamente con il dibattito sul nucleare in Italia. Dibattito almeno virtualmente aperto con la campagna televisiva prodotta dal Forum Nucleare e immediatamente condannata dal Garante per palese violazione delle condizioni di parità fra le due parti a confronto.
La domanda dalla quale si dovrebbe partire per un serio confronto è: il nucleare può essere la soluzione per il fabbisogno energetico del nostro Paese?
Le recenti tensioni in tutto il mondo arabo e la ormai aperta guerra in Libia hanno fatto schizzare nuovamente in alto il prezzo del petrolio. Nè è possibile continuare a far leva sui soli combustibili fossili per gli approvvigionamenti energetici. E questo sia per evidenti ragioni di progressivo quanto ineludibile esaurimento delle fonti, sia perchè il nostro fragile pianeta davvero non può più sostenere i ritmi attuali (per altro destinati ad aumentare) di immissione di anidirde carbonica e altri gas serra in atmosfera. Inoltre, l'instabilità politica (spesso, però, favorita e alimentata dagli stessi contrapposti interessi di questa o quella potenza occidentale) dei paesi produttori rende sempre più necessario individuare e percorrere le strade che portano in direzione dell'indipendenza energetica, quanto meno per una frazione significativa del proprio fabbisogno.
Ma è il nucleare la soluzione?
No, non lo è, e per una serie di ragioni. Intanto non ci rende indipendenti dall'estero! Non mi risulta che in Italia ci siano giacimenti di uranio e, quel che è peggio, i maggiori produttori di combustibili nucleari sono, per la quasi totalità, purtroppo anch'essi paesi che non possono vantare nè democrazie consolidate nè stabilità interna. Il rischio di trovarci a dipendere da paesi che non si fanno scrupolo di "chiudere il rubinetto" o esposti a instabilità e tensioni è davvero troppo grande. Ma c'è di più! Mentre nel caso dei combustibili fossili il nostro Paese ha nel corso degli anni sviluppato tecnologie di avanguardia, esportate in tutto il mondo, nel campo della raffinazione e del trattamento, per il nucleare non c'è alcuna tecnologia nazionale in grado di progettare, realizzare, gestire e condurre una centrale. Nè si è pensato di investire in ricerca e tecnologia nazionali: al contrario, i tagli alla ricerca hanno assestato un colpo forse mortale a questo come a tanti altri settori della scienza applicata, salvo poi ricorrere all'estero per procurarsi le tecnologie necessarie, spendendo per giunta somme da capogiro. Ne è prova che per il programma nucleare nazionale il Governo è stato costretto a stringere accordi con la Francia e importare tecnologia e professionalità. E se è vero che la Francia non è la Libia nè tanto meno l'Iran, è pur vero che tale dipendenze tecnologica si aggiunge alla dipendenza dalle fonti, il che rende tutto ancora meno rassicurante.
In più c'è da considerare che il ricorso al nucleare è ormai considerata un'opzione non più sul tavolo da tutte le grandi potenze industrializzate. Stati Uniti, Germania, la Francia (che però, grazie al nostro Governo, spera di venderci centrali chiavi in mano) e lo stesso Giappone hanno deciso ormai da un paio di decenni di non investire più in nuove centrali e di abbandonare progressivamente il programma nucleare man mano che le centrali ora in funzione andranno verso l'esaurimento. I motivi di tali decisioni sono da ricercarsi sia nelle difficoltà e nei rischi di approvvigionamento del combustibile nucleare cui si accennava prima, sia per ragioni squisitamente economiche perchè, al contrario di quello che viene fatto credere, i costi a kilowattora del nucleare, lì dovve si tenga nel debito conto anche quelli connessi al trattamento delle scorie, non è assolutamente sostenibile. Infine, ma non ultimi, ci sono gli aspetti connessi alla sicurezza degli impianti e quelli ancora irrisolti, perchè semplicemente irrisolvibili, del trattamento e stoccaggio delle scorie prodotte durante l'esercizio.
Quel che sta succedendo in Giappone ci deve convincere del fatto che, per quanto siano avanzate le procedure e i sistemi di sicurezza, per quanto una centrale possa essere considerata intrinsecamente sicura, ci sono eventi imprevedibili che rendono rischioso, estremamente rischioso il ricorso all'energia nucleare. E si badi bene che il rischio connesso all'esercio di una centrale nucleare è di natura e dimensioni ben diverso da quello connesso a qualisasi altra attività umana. Una semplice fuoriuscita di sostanza radiattive o un disastro delle dimensioni di quello di Cernobyl sono tutti eventi che hanno conseguenzi gravissime e che possono durare per migliaia di anni: inquinamento delle falde e dell'aria, contaminazione di territori vastissimi, mutazioni genetiche, malformazioni, che interesseranno non solo le popolazioni coinvolte all'epoca del loro verificarsi, ma anche le successive generazioni. Possiamo noi oggi, per soddisfare un nostro bisogno, ipotecare la salute e la stessa esistenza dei nostri figli, dei nostri nipoti, delle generazioni che seguiranno da qui a migliaia di anni? Abbiamo questo diritto?
Senza fare del catastrofismo, mai utile quando si affrontano argomenti delicati, c'è da chiedersi: qualcuno, anche alla luce di quanto sta accadendo in Giappone, si sta ponendo il problema del rischio sismico che caratterizza il nostro Paese? E poi, sarei proprio curioso di conoscere i programmi del Governo di gestione e stoccaggio delle scorie, dal momento che è ancora privo di soluzione quello relativo alle scorie prodotte durante l'esercizio delle centrali nucleari italiane ormai ferme da quasi 25 anni.
Ma se il nucleare non è la soluzione, quale può essere la risposta al problema del crescente fabbisogno energetico italiano?
Non è difficile crederlo eppure pochi ci fanno caso, ma il nostro Paese è ricco di particolari fonti di energia. Si chiamano fonti rinnovabili e sono quelle che la Natura stessa ci mette a disposizione, gratuitamente, senza possibilità di inquinamento, in maniera illimitata e inesauribile. Si chiamano Sole, Vento, Geotermico. Sono per tutti, sono ovunque, sono per sempre, realizzando in qualche modo una vera "democrazia energetica". Sono, incredibile a dirsi, tuttei sfruttabili grazie a tecnologie nelle quali l'Italia è all'avanguardia. Pensate che l'energia che dal Sole in una sola ora arriva sulla Terra è sufficiente per soddisfare il fabbisogno energetico mondiale di un intero anno.
Guardiamoci intorno, guardiamo i tetti delle nostre case, pensiamo a quanto sole queste superfici, altrimenti inutilizzabili, ricevono ogni giorno. E immaginiamo di trasformare l'energia che ricevono dal Sole in elettricità per riscaldare e illuminare le nostre case, le nostre industrie, le nostre strade. E chiediamoci come è mai possibile che su ogni tetto non ci siano pannelli fotovoltaici. Come è possibile che l'Italia, baciata com'è dal Sole, attraversata dai venti, con un sottosuolo caldo e attivo, non abbia ancora fatto delle energie rinnovabili il volano del suo sviluppo?
La risposta è negli interessi economici e di bottega di chi da sempre blocca questo o quel settore, in una burocrazia ottusa e arrogante, nella miopia dlle politiche energetiche nazionali. E ne è riprova l'incredibile decisione del Governo di mettere mano in senso restrittivo agli incentivi sulle rinnovabili, modificando un decreto adottato dallo stesso Governo appena qualche mese fa lo scorso agosto e lasciando nell'incertezza migliaia di operatori. E se questo colpo di coda è stato per ora parzialmente bloccato resta la gravità di un tentativo ingiustificabile verso il quale è bene tenere alta la guardia.
Perchè se è un bene attendersi una mobilitazione su vasta scala contro il nucleare, altrettanto e più vasta mobilitazione a sostegno delle rinnovabili sarebbe da attendersi una società matura e responsabile che voglia seriamente impegnarsi per la crescita e lo sviluppo proprio e delle future generazioni.
Giuseppe Munno da Facebook
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1 commento:
"Le centrali nucleari giapponesi possono contare su una tecnologia avanzata, su professionalità di elevatissimo livello, su un'esperienza di decenni."
da quello che si legge in giro credo che questa affermazione sia molto ma molto discutibile
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