Caldo e batteri: le precauzioni per abbassare il rischio di infezioni da pic-nic

Schiscetta, pranzo al sacco, pic-nic, ‘fagottata’, scampagnata, gita al mare con mangiata. Chiamatele come volete, ma se è vero che si tratta di situazioni sociali molto differenti tra loro, è vero pure che, specie d’estate, sono accomunate da un identico ‘pericolo’. Che al convivio, nel momento più atteso della giornata, ci si faccia del male da soli ingurgitando pasti ricchi di batteri. Quando si mangia fuori casa, infatti, non è facile gestire bene la conservazione del cibo che ci si porta dietro; le statistiche dicono che si alzano di molto le probabilità di procurarsi qualche fastidiosa infezione alimentare.
La prima e più banale maniera di preservarsi dal rischio di mal di pancia e problemi correlati sarebbe quella di mangiare piatti caldi. I batteri che proliferano con l’afa, sottoposti a cottura o ‘riscaldati’ a temperatura robusta, di regola non rimangono in vita. La presenza di un fuoco e di un pentolone per la pasta o quella di una griglia per fare arrosto i secondi, sono però nella maggior parte dei casi una faccenda complicata da organizzare. La situazione più classica è quindi quella in cui, proprio per evitare la necessità di riscaldare le vivande, si punti su piatti freddi, come le classiche insalate di pasta o di riso.

Quali sono, in generale, le indicazioni di buon senso per abbassare il rischio di tossinfezioni in questi casi? Prima cosa, essenziale, è che chi prepara le cose da mangiare rispetti scrupolose norme igieniche, non solo personali. Vanno accuratamente lavate le mani con acqua calda e sapone disinfettante prima di preparare e poi confezionare i cibi. Il piano di lavoro deve essere costantemente igienizzato anch’esso, così come forchette e coltelli usati come utensili. I cibi crudi vanno tenuti separati da quelli cotti e - suggeriscono dall’Istituto Superiore di Sanità – non bisogna avere la nevrosi di preparare i piatti con troppo anticipo. Una volta pronte però, le cose vanno raffreddate rapidamente e quindi messe in frigo o borsa frigo.

La procedura è semplice: il riso o la pasta, ad esempio, che funzionano da base per l’insalata, una volta scolati, possono essere passati sotto l’acqua fredda. Gli ingredienti del condimento vanno aggiunti solo quando si è raggiunta la temperatura ideale, tenendo conto anche del fatto che, più cose si mettono nel mix, più si rischia di inserire l'elemento con un più accelerato o un più facile processo di degrado (questo vale, in primis, per componenti proteici come prosciutto cotto, formaggio, tonno…).

L’insalata deve andare in frigo, in un contenitore coperto, non appena preparata, avendo cura di rimescolare per ben amalgamare il tutto. Il frigorifero deve essere mantenuto a non più di 4-5°. Così buona parte dei problemi vengono evitati, a patto di non pensare di consumare la pietanza a giorni di distanza: ci sono microrganismi deterioranti che si sviluppano anche a temperature da frigorifero e, comunque, più breve è il lasso di tempo che separa frigo, passaggio in borsa frigo e quindi consumo, più contenuto diventa il rischio di avere problemi. Basso contenuto d’acqua e acidità sono altri fattori chiave. I biscotti secchi, ad esempio, possono essere considerati sicuri per il loro basso contenuto di acqua.

Più rischioso e più difficile pensare di conservare bene cibi contenenti creme e salse e, in genere, i piatti più elaborati . Ultimo capitolo quello dei contenitori. Vale la pena sapere che acciaio e alluminio sono materiali indicati per la conservazione di tutti i tipi di cibo, ad eccezione di quelli che contengono molto sale o hanno un alto grado di acidità, perché potrebbero corrodere gli involucri. Che le pellicole trasparenti sono utili alla conservazione di molti cibi perché proteggono dall'ossidazione e dalla disidratazione, ma non devono essere usati per cibi grassi o caldi. Che la carta, traspirante, va bene per frutta e verdura.

fonte: Virgilio Go Green

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