Economia - Rischio default, l’Italia è in buona compagnia

Default è una delle parole che, volenti o nolenti, abbiamo imparato a conoscere in questi giorni. Sbrigativamente la traduciamo "fallimento", indotti dal gergo del giornalismo economico; in senso letterale, però, significa "inadempienza". E, tra i due termini, di cose ne passano: anche chi non abbia mai aperto un Codice Civile intuisce che fallire — cosa che capita alle aziende — comporta conseguenze ben maggiori del non pagare un debito (a meno che il creditore non sia un usuraio: in quel caso, sono guai).

Tuttavia, per una volta il gergo ci ha azzeccato: l'inadempienza di uno Stato è di fatto un fallimento. I giornali delle ultime settimane ci hanno raccontato come, per alcune Nazioni, quest'antipatica situazione sia un'ipotesi non proprio di quelle cosiddette scolastiche. E tra quelle "alcune", si sa, ci siamo anche noi.

L'insieme "default" è in realtà costituito da due sottoinsiemi. Uno riguarda i Paesi in cui esso è probabile; l'altro, quelli in cui la sua probabilità è sensibilmente aumentata nel corso del 2011. Sembra una sottigliezza, ma non lo è: sapere che solo nel 2010 quel rischio non era così alto significa guardarsi indietro, ricordarsi di una situazione tutto sommato tranquilla e mettersi in moto per farla rivivere.

Sperando che chi di dovere sappia farlo, vediamo chi c'è nei due gruppi. Per il primo, ci limitiamo ad una hit-parade della probabilità dalla decima alla prima posizione: Croazia, Vietnam, Libano, Dubai, Ucraina, Argentina, Irlanda, Portogallo, Venezuela e Grecia.
Più interessante, invece, l'analisi del secondo gruppo. E non solo perché ci siamo dentro, ma perché siamo anche in buona compagnia. Qui procediamo al contrario, dal Paese in cui il rischio è aumentato di più a quello in cui lo ha fatto di meno.

1. Grecia: la doppia leadership spiega la gravità fiscale della situazione di Atene, pari a quella di un invalido di guerra. Sulle sponde dell'Egeo si è verificata una micidiale combinazione di crescita lenta, ingente spesa pubblica, evasione fiscale e incapacità politica nel capirci qualcosa. Il default, malgrado il sostegno della Bce e del Fmi, sembra dietro l'angolo.

2. Hong Kong: tra aprile e giugno del 2011 c'è stata molta attività sul Credit Default Swap. Tradotto: si sono stipulate molte assicurazioni sulla possibilità di un fallimento (in soldoni, questo è il CDS). Il debito dell'ex colonia britannica è il nono al mondo per solidità, il che mette tranquilli tutti. Ma la crescita economica della Cina ha fatto salire gli spread dei titoli pubblici del 40%. E, come abbiamo spiegato qui, lo spread che sale è un brutto segno.

3. Slovenia: nel piccolo Stato ex jugoslavo la situazione sembra quella di Hong Kong, con gli spread al 40%. Il debito è solido, ma non migliorerà nel 2011 rispetto ai due anni precedenti. E ciò desta preoccuazione.

4. Portogallo: anch'esso è doppia presenza, e dopo la Grecia è il Paese con il maggior rischio di default. Le cause sono le stesse della malattia di Atene.

5. Slovacchia: se sta male, è colpa di Grecia e Portogallo. Nel corso della ripresa economica, infatti, i paesi dell'Europa occidentale e centrale si sono mossi bene. Purtroppo, l'esposizione del debito della cosiddetta "periferia" (Atene, Lisbona e anche Dublino) si fa sentire anche su quegli Stati, come la Slovacchia, che in condizioni normali attrarrebbero gli investitori.

6. Malaysia: Stato prevalentemente esportatore, visse agli inizi del decennio un pauroso aumento del proprio deficit di bilancio. Poi riprese a crescere, ma così di corsa da far schizzare alle stelle l'inflazione. Se ciò aggiungiamo un calo dell'export, il risultato è uno spread del CDS al 31%.

7. Finlandia: sotto i ghiacci artici non ribolle il magma. Helsinki sfoggia infatti il terzo spread più basso del proprio CDS. Il problema sono le banche, pesantemente colpite dalla situazione delle solite Grecia, Portogallo e Irlanda. Il citato spread, negli ultimi tre mesi, è cresciuto di un terzo.

8. Italia: eccoci! Di noi abbiamo già detto molto. Qui possiamo aggiungere che siamo tra i cosiddetti PIIGS (un gioco di parole per darci dei "maiali" mettendo insieme le iniziali di Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna), e che se Atene fallisce il nostro debito (119% del Prodotto Interno Lordo) potrebbe zavorrarci per un viaggetto nel baratro. Ma la manovra del governo potrebbe essere la nostra sicurezza.

9. Usa: e chi l'avrebbe mai detto? Invece, a Washington non se la passano bene, soprattutto dopo che il presidente Obama ha perso la pazienza con i Repubblicani nel discutere l'innalzamento del tetto del debito. Il termine è il 2 agosto: se il tetto si alza, tutto a posto; se no, le agenzie di rating declassano il debito dalla Tripla A a una D. E' come passare, a scuola, da un 10 e lode a un 4. Gli spread aumenterebbero, gli Usa non riuscirebbero a mettere sul mercato titoli pubblici, il loro debito non si rifinanzia. E' la strada verso il default.

10. Tailandia: la crisi del debito del 1997 è lontana, e da allora la situazione fiscale si è stabilizzata. Ma alle ultime elezioni ha trionfato il partito Puea, che ha promesso accanirsi con le tasse sulla classe media. Ciò potrebbe significare un ritorno a quattordici anni fa.

fonte: Yahoo! Finanza

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