Scorie nucleari: in Italia siamo al sicuro?

Un mese fa l’esplosione nel sito di trattamento delle scorie nucleari di Marcoule, in Francia, un morto e quattro feriti. Poi, il 5 ottobre, l’incidente nell’impianto di smaltimento dei rifiuti nucleari di Dessel, in Belgio, con tre contaminati. E in Italia, siamo al sicuro? Secondo la legge 386 varata nel 2003 dal governo Berlusconi, entro il 2008 doveva essere realizzato il deposito nazionale dove stoccare tutti i rifiuti radioattivi in condizioni di sicurezza. Non solo non è stato costruito, ma non si è ancora nemmeno deciso dove farlo. «I rifiuti sono nei siti vecchi dove sono stati realizzati, e dove si continua a produrne di nuovi. Per esempio, gli indumenti protettivi necessari per entrare nei siti e tenerli in sicurezza, all’uscita diventano rifiuti radioattivi, che si accumulano», denuncia Roberto Mezzanotte, ex direttore del Dipartimento nucleare, rischio tecnologico e industriale dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).

Spicca, tra tutti, il sito di Saluggia, nel Vercellese, che raccoglie più dell’80% della radioattività dei rifiuti nucleari italiani. E in particolare la Eurex, azienda dove fino agli anni Ottanta si riprocessava il combustibile irraggiato nei reattori per separare uranio e plutonio dalle scorie: qui sono stoccati oltre 200 metri cubi di rifiuti radioattivi liquidi: «Cosa che li rende particolarmente pericolosi per il rischio di infiltrazione nelle falde acquifere», spiega Gian Piero Godio, presidente di Legambiente Vercelli. «La Eurex dista 1,5 km dai pozzi del più grande acquedotto del Piemonte. La muraglia costruita attorno al sito lo difende dalle incursioni del fiume, ma non difende il fiume da un possibile rilascio di liquidi radioattivi. E, anziché realizzare l’impianto per il condizionamento dei rifiuti, perché andrebbero solidificati in una matrice inerte, come il cemento, si è cominciato a costruire un nuovo deposito: è l’ultima beffa di Saluggia».

«Senza dimenticare», riprende Mezzanotte, «che Saluggia sta sulle rive della Dora Baltea, dove nel 2000 c’è stata un’alluvione ed è entrata acqua nell’impianto». In quell’occasione Carlo Rubbia disse che si era sfiorata una «catastrofe». L’altra anomalia italiana è il deposito dei rifiuti radioattivi del centro di ricerca di Casaccia, vicino a Roma, col tempo divenuto anche altro. «È un punto di raccolta nazionale dei rifiuti ospedalieri (anche una scintigrafia produce rifiuti radioattivi, ndr): non c’è un pericolo imminente, ma pensare che tutte queste scorie siano in un deposito alla periferia della capitale non è bello», conclude Mezzanotte.

fonte | Vanity Fair

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