Duro colpo alla criminalità organizzata. Un’altra interpretazione
discordante dall’orientamento delle Sezioni unite. La condotta non mette
in pericolo la sicurezza pubblica, che è il bene tutelato dalla norma
incriminatrice.
Imputati assolti perché il fatto non è
previsto dalla legge come reato. È quanto emerge dalla sentenza 1176/13,
pubblicata dal tribunale di Ferrara che stabilisce” Vanno esenti da
censure, all’esito del rito abbreviato, i due giovani arrestati perché
coltivano in casa quattro piantine di canapa fra i quaranta e i sessanta
centimetri ciascuna. Se infatti il bene giuridico tutelato dalla norma
incriminatrice è rappresentato dall’ordine e dalla sicurezza pubblica,
non possono risultare irrilevanti elementi come il numero delle piante,
la destinazione a uso personale dello stupefacente e il luogo di
detenzione della sostanza in un appartamento, dunque luogo non
accessibile al pubblico.
La vicenda riguardava due ragazzi che avevano
comprato semi e attrezzature in negozio dopo essersi documentati tramite
internet su come coltivarli. I due giovani, arrestati dai carabinieri
due settimane fa in seguito a una perquisizione domiciliare in cui erano
state rinvenute quattro piantine di marijuana e otto grammi di sostanza
stupefacente non erano spacciatori ed avevano una vita normale. Erano
solo consumatori di cannabis stanchi di procurarsela in strada. È per
questo che il Giudice monocratico ha assolto gli imputati: perché il
fatto non è previsto dalla legge come reato. Pertanto risulta dunque
disatteso l’orientamento delle Sezioni unite penali secondo cui ogni
coltivazione di cannabis costituisce reato, al di là dell’utilizzo.
Secondo
il giudice del merito le argomentazioni non sono «aderenti alla realtà
che si sperimenta quotidianamente nei palazzi di giustizia». Con tutta
la droga che gira in Italia, fa capire il magistrato, non sono le
quattro piantine coltivate in casa da due giovani non collegati ai clan
che fanno aumentare in modo apprezzabile la quantità in circolazione.
Paradossalmente il consumatore che produce cannabis in proprio per il
consumo personale «evita di contribuire all’incremento dei traffici
legati alla criminalità organizzata». Inoltre il concetto di
coltivazione, secondo il giudice del merito, deve essere interpretato in
senso restrittivo e quella “domestica” deve essere assimilata alla
semplice detenzione di stupefacenti.
Per Giovanni D'Agata, fondatore
dello “Sportello dei Diritti”, un’altra storica decisione in materia in
materia di consumo di cannabis e derivati che dovrebbe persuadere il
legislatore ad una modifica della disciplina troppo severa di fronte ad
un fenomeno di massa che in questi anni con le leggi vigenti ha
foraggiato le mafie che hanno trovato terreno fertile nel mercato
illegale.
Sportello dei Diritti
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