Mentre in Germania monta lo scandalo sulla sperimentazione dei farmaci
su bisognosi o ignari cittadini nell’ex Germania dell’Est da parte delle
multinazionali occidentali si scopre che anche gli italiani tuttora si
offrono volontari a test clinici in Svizzera per poche centinaia di
euro.
Uno scandalo di proporzioni bibliche è stato innescato da
un articolo inchiesta del quotidiano "Der Spiegel", che citando fonti
del Ministero della Salute, della Medical Products Agency Stasi e
dell'Istituto Mar ha scoperto che alcune multinazionali Farmaceutiche
Occidentali, nel corso degli anni ‘80 avrebbero effettuato in più di 50
cliniche in tutta la ex Germania dell’Est oltre 600 sperimentazioni di
farmaci su circa 50.000 cittadini della DDR usati come cavie. Tra
questi, malati, neonati prematuri e alcolisti.
In tutto cinquanta
aziende farmaceutiche avrebbero dato in appalto, tra il 1983 e il 1989,
almeno 165 studi, pagando fino a 440mila euro facendo così divenire la
Ddr una sorta di vero e proprio laboratorio per le imprese farmaceutiche
occidentali. Tra queste la Bayer e Schering (oggi fuse in un’unica
azienda), Hoechst (oggi Sanofi), Boehringer Ingelheim e Goedecke
(Pfizer), Sandoz (Novartis). Sarebbe stato dimostrato, peraltro, che
diversi test avrebbero portato alla morte o al peggioramento di alcuni
pazienti.
Quest’inchiesta non è la prima che svela come alcune
aziende che nel passato hanno dimostrato di avere pochi scrupoli
avrebbero approfittato dei bisogni o dell’ignoranza dei cittadini per
provare sulla pelle di questi gli effetti di farmaci in sperimentazione.
Un fatto che già con estrema preoccupazione per non dire rabbia,
pensavamo fosse isolato ai paesi in via di sviluppo, con la complicità
delle amministrazioni e delle autorità locali, ma che secondo altre
indagini giornalistiche avrebbe base anche nel cuore d’Europa dove
giovani e meno giovani spinti dalla crisi, tutt’oggi si farebbero cavie
per poche centinaia di euro.
Arrotondare o campare sottoponendosi
volontariamente alla somministrazione di farmaci da testare sarebbe
diventato un espediente lavorativo che pare richiami molti italiani,
soprattutto studenti universitari, verso le cliniche della
Confederazione Elvetica, a un passo dal confine italiano. La cifra
sarebbe pattuita nell’importo di 1200 euro offerti in cambio di 6 giorni
di ricovero e attirerebbe ogni anno circa 750 italiani provenienti
soprattutto dal Nord della Lombardia.
Il mercato delle cosiddette
cavie umane denuncia un incremento degli italiani che volontariamente si
offrono, a fronte di una bassissima percentuale di svizzeri che
rifuggono da questa pratica pur avendola a portata di mano. Il mercato è
aperto, tanto che sulla rete è possibile leggere anche qualche annuncio
di reclutamento pubblicato da una società farmaceutica italiana con
sede in Svizzera. Tuttavia, è soprattutto dal passaparola che si arriva
al contatto, alla presentazione e infine alla convocazione presso
l’Ipas, Institute for pharmacokinetic and analytical studies di
Mendrisio, divenendo delle cavie umane.
Vietati in Italia, o almeno
ostacolati dall’iter burocratico, i test clinici su soggetti sani sono
legalmente regolamentati nella Confederazione Elvetica da almeno un
decennio; la stampa italiana (da Repubblica a Panorama) ha riportato
testimonianze del fenomeno che attira persone principalmente dalla
Lombardia. A fronte della retribuzione già citata, non è dato sapere
quali rischi si corrano, proprio perché il campo degli effetti è quello
oggetto d’indagine.
Risale al 2000 la creazione in Svizzera di un
registro dei volontari per i test di medicamenti. Uno strumento invocato
nel paese dopo che nella primavera del 1999 era scoppiato lo scandalo
VTX 981030, nome in codice della sperimentazione di un nuovo
epatoprotettore affidato alla società farmaceutica Van Tx, registrata a
Fiburgo, sul cui operato la procura di Basilea aprì un’inchiesta per le
tante inadempienze: selezioni di soggetti stranieri reclutati peraltro
con modalità non sempre documentate, compensi non specificati, consenso
dei soggetti incompleto. E si noti che, oltre alle grandi
multinazionali, la Van Tx annoverava tra i clienti società farmaceutiche
di ben dieci paesi stranieri. A quali danni per la propria salute
incorrono i volontari sani, non si sa ancora con precisione. Se chi si
offre, lo fa volontariamente (talvolta senza essere in bolletta) e dopo
essere stato almeno in parte informato, verrebbe da dire, perché
preoccuparsi dei rischi cui va incontro? Ci sovviene il tema della
tutela dei soggetti più deboli, proprio perché tali, perché si trovano
nella condizione di bisogno, per malattia, ignoranza o povertà.
Per
Giovanni D’Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti”
troppo spesso e con estrema ingenuità nella nostra qualità di
consumatori (occasionali o abituali) di farmaci di cui magari
contestiamo la sperimentazione farmaceutica sugli animali, non
verifichiamo in che misura la stessa passa sull’essere umano, in quali
stadi e con quale trasparenza.
È ovvio che spetta alle autorità
europee e nazionali verificare se le procedure attuate in Svizzera
rispettino degli standard minimi di sicurezza per chi si sottopone ai
test e d’impedire in caso negativo che si consenta la possibilità di
proseguire con sperimentazioni pericolose per la salute.
È,
altrettanto, chiaro che ciascun cittadino dovrebbe comprendere che
dietro a facili ed esigui guadagni si possono sempre nascondere trappole
per la propria salute. E per tali ragioni noi dello “Sportello dei
Diritti” sconsigliamo vivamente questi test ai comuni cittadini.
Sportello dei Diritti
Scandalo sperimentazione farmaci in Germania: anche gli italiani tuttora si offrono volontari a test clinici in Svizzera
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento