In vacanza in Italia con il mistero

Girando l’Italia può capitare di imbattersi in luoghi con alle spalle una storia misteriosa. E non per forza in località sperdute, come rivelano i casi di Taormina, Roma e Palermo.

L’orecchio di Dioniso
E’ una delle attrazioni principali dell’affascinante cittadina siciliana. Incastonata nella parte greco-antica, si tratta di una grotta artificiale lunga 65 metri, che verso l’alto si restringe formando un arco acuto. Si dice che a ribattezzarla così fu Caravaggio nel 1608, per via della forma, che ricorda il condotto uditivo. Da quel nome prese piede la leggenda secondo cui Dioniso avesse fatto costruire quell’antro per farne un carcere speciale. Se ci si affaccia dall’apertura cui si accede dall’alto dell’antro, si coglie distintamente tutto ciò che chi è all’interno sta dicendo. E senza che stia urlando. E’ la straordinaria proprietà acustica di amplificare qualunque suono, infatti, a rendere la grotta una delle più celebri curiosità di Siracusa.

La Porta Magica
Nell’oceano di monumenti romani, passa inosservata. Nei giardini di piazza Vittorio Emanuele a si erge un muro, un tempo parte della villa del marchese Massimiliano Palombara. Siamo nel Seicento, epoca in cui è forte l’interesse per l’alchimia, e il marchese non ne è immune. Appoggiata al muro, con due statue del dio egizio Bes a farne la guardia, c’è una porta, evidentemente finta. Era quella del laboratorio del Palombara, ed è oggetto di una leggenda che riguarda Giuseppe Francesco Borri, alchimista milanese. Pare che nel 1657 la servitù del marchese scoprì un intruso – il Borri – a raccogliere erbe nel giardino della villa. Il marchese lo avvicinò, e si sentì dire che il raccolto serviva per produrre oro. Borri chiese di utilizzare alla bisogna il laboratorio, dove lavorò tutta la notte. Il mattino seguente fu visto scomparire attraverso la porta, lasciandosi dietro pagliuzze del prezioso metallo e una carta di simboli dietro ai quali doveva nascondersi il segreto della pietra filosofale. Palombara li fece incidere sugli stipiti della porta, nella speranza – vana – che qualcuno potesse decifrarli.

La grotta dei Beati Paoli
I mercati di Palermo hanno agganci che vanno oltre la loro natura: la Vucciria è un celebre quadro di Renato Guttuso, Ballarò è un altrettanto celebre talk show politico. Capo è il mercato del quartiere in cui c’è la grotta di una setta da cui, si dice, nacque la mafia. Da Vicolo degli Orfani, dietro la chiesa di Santa Maruzza, una scala permette di scendere in una grotta, un tempo inserita nel dedalo sotterraneo delle catacombe cristiane. Vi si riunivano i Beati Paoli, una confraternita dedita al culto di San Francesco da Paola, che tra il XIV e il XV secolo crebbe in influenza e azioni al punto da contrastare sia il potere secolare (la Corona) sia quello religioso (l’Inquisizione) in nome di una giustizia universale che ne faceva un gruppo di Robin Hood. La leggenda dei Beati Paoli fu alimentata subito dopo la caduta del fascismo dal film I cavalieri delle maschere nere, tratto da un romanzo degli anni Venti. Il mito fu tale che, come abbiamo detto, pare che la mafia volle accreditarsi come discendente della confraternita.

fonte: Yahoo! Lifestyle

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